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Somalia: fallita mediazione per la pace

Le trattative nella capitale sudanese non fanno intravvedere spiragli di mediazione nella lotta fra il governo della Somalia e le milizie islamiche che controllano parte del territorio.

di Redazione

In Somalia la parola potrebbe tornare alle armi. Il governo transitorio di Baidoa e le Corti islamiche si apprestano a lasciare i negoziati di Khartum senza fissare una data e un luogo per la ripresa delle trattative, si legge in una nota dell’agenzia Agis. “La delegazione del governo… ha chiesto alla Lega Araba di annunciare che questa conferenza è fallita e il motivo per cui è fallita”, ha detto Ahmed Omar Gagale, parlamentare e membro della delegazione.

Le trattative cominciate lunedì scorso nella capitale sudanese non fanno intravvedere spiragli di mediazione. Le Corti islamiche, le cui milizie sono a pochi chilometri da Baidoa, sono fortemente tentate dal prenderne il controllo e hanno protestato per la presunta ingerenza dell’Etiopia nel confronto con il governo di Abdullahi Yusuf. Addis Abeba, accusano, avrebbe inviato in territorio somalo e a sostegno di Baidoa circa 12.000 soldati.

Sul terreno, intanto, le milizie e l’esercito riprendono con vigore i movimenti militari mentre le cancellerie internazionali tentano di evitare una guerra che potrebbe destabilizzare l’intero Corno d’Africa, con l’Etiopia e l’Eritrea, tra loro in tensione sulla definizione dei confini, disposte ad appoggiare rispettivamente l’esecutivo transitorio e le milizie islamiste.

“Chediamo una presa di posizione della comunita’ internazionale su questo”, aveva detto ieri il capo delegazione delle Corti, Ibrahim Hussein Adow. Il governo, invece, sottolinea la presenza in Somalia di 2.000 eritrei in appoggio agli islamisti. A nulla sono valsi gli sforzi diplomatici per convincere le parti a riprendere il negoziato il prossimo 15 novembre. “Questa gente vuole che l’area esploda”, ha avvertito il ministro degli Esteri somalo, Ismail Hurre Buba. A dare la misura del fallimento dei negoziati e’ quanto continua ad accadere sul terreno. Il giorno dopo la presa della citta’ portuale di Hobyo, le milizie islamiste si ammassano attorno a Buur Hakaba, tra Baidoa e Mogadiscio, ormai roccaforte delle Corti. “Potrebbe trattarsi di ore, di giorni, di settimane”, hanno avvertito gli analisti, “un’escalation del conflitto, data la prossimita’ tra loro delle forze militari, e’ probabile”.

Intanto le organizzazioni umanitarie lanciano l’allarme. «Se non si ferma l’intervento di truppe straniere in Somalia si rischia un esodo di massa di centinaia di migliaia di persone» si legge in un comunicato-denuncia dell’Associazione per i popoli minacciati. «Da gennaio 2006 sono già 32.000 i profughi somali rifugiatisi in Kenia e altre 80.000 persone sono attese per i prossimi mesi. Il conflitto rischia di allargarsi dopo che Etiopia ed Eritrea, per motivi diversi, hanno iniziato ad inviare truppe in terra somala: questo rischia di essere solo l’inizio di una catastrofe umanitaria annunciata»

Secondo gli esperti delle Nazioni Unite, 6.000 soldati etiopi e 2.000 soldati eritrei operano attualmente sul territorio somalo. Mentre l’Etiopia sostiene l’impotente governo di transizione somalo per assicurare la frontiera etiope con la Somalia, l’Eritrea ha deciso di allearsi con le truppe islamiche per opporsi fondamentalmente al nemico etiope. La Somalia quindi rischia di diventare lo scenario della mai del tutto assopita guerra tra Etiopia ed Eritrea che dal 1998 al 2000 è costata la vita a più di 100.000 persone.

L’Associazione per i popoli minacciati chiede all’Unione Europea di insistere per l’immediato ritiro delle truppe etiopi ed eritree dalla Somalia..

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