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Ciad, nuovi attacchi nel sud-est del Paese

La preoccupazione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR): si rischia un nuovo Darfur

di Redazione

A seguito delle notizie giornaliere di nuovi attacchi nel sud-est del Ciad, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) è fortemente preoccupato che la situazione nella regione, già molto instabile, continui a deteriorarsi. Ieri il governo del Ciad ha dichiarato lo stato di emergenza ed ha affermato che sta elaborando una strategia per gestire la situazione. L’UNHCR resta preoccupato per la grave situazione umanitaria e per le difficoltà che sta affrontando nel tentativo di assistere in modo appropriato la popolazione locale, gli sfollati e i rifugiati.

Le violenze, che hanno causato oltre 220 morti, presentano caratteristiche simili a quelle nella vicina regione sudanese del Darfur. L’UNHCR teme che le ostilità tra le comunità divengano ingestibili e possano minacciare l’intera regione sud-orientale del Ciad. Dal 7 novembre, circa 5mila nuovi sfollati ciadiani sono arrivati in un insediamento di sfollati ad Habile, 45 chilometri a sud-est di Goz Beida. L’UNHCR sta effettuando un censimento degli altri sfollati che stanno cercando rifugio in altre parti della stessa area, ma i dati non sono ancora disponibili. In totale, sono circa 68mila le persone sfollate in Ciad orientale a causa degli attacchi verificatisi nell’ultimo anno.

L’UNHCR esorta la comunità internazionale ad intervenire urgentemente ed in modo articolato in Ciad per contribuire a proteggere centinaia di migliaia di civili ciadiani e rifugiati sudanesi, nonché gli operatori umanitari impegnati nella loro assistenza. Nel mese di agosto, la risoluzione 1706 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha esortato il dispiegamento di una presenza delle Nazioni Unite in Ciad e nella confinante Repubblica Centrafricana.

Dal 4 novembre, almeno 20 villaggi sono stati attaccati nella regione a sud di Goz Beida. L’area è considerata molto insicura. Ieri una missione congiunta guidata dall’UNHCR per valutare le condizioni del villaggio di Louboutigue attaccato di recente, è dovuta fuggire quando uomini nascosti hanno sparato, probabilmente in segno di avvertimento. Non vi sono stati feriti, ma si tratta di un esempio del terrore che decine di migliaia di ciadiani vivono quotidianamente nel sud-est del paese.

Le testimonianze degli sfollati ciadiani si somigliano in modo impressionante: gli aggressori sono quasi sempre identificati come appartenenti all’etnia araba e sono spesso conosciuti personalmente dalle vittime, in quanto vicini con cui hanno convissuto per generazioni; sono per lo più armati, soprattutto di Kalashnikov; si spostano a cavallo, cammello o a bordo di camion; talvolta indossano divise militari, talvolta abiti civili.

Gli abitanti del villaggio di Bandicao hanno avvertito le agenzie umanitarie che non è sicuro inviare ambulanze per evacuare i feriti, perché la zona è circondata da uomini armati. Ieri a Kerfi e a Bandicao, rispettivamente 45 e 80 chilometri a sud di Goz Beida, sono state nuovamente dispiegate le forze governative per trasportare i feriti all’ospedale della città.

L’UNHCR ha anche ricevuto notizie di attacchi nell’area di Koloye, circa 100 chilometri a nord-est di Goz Beida. È stato riferito che tali attacchi, avvenuti martedì scorso e anche sabato, hanno causato molti morti e feriti.

Alcune persone hanno avuto il tempo di raccogliere i propri beni e di intraprendere il lungo viaggio a piedi o a dorso di asino fino nei pressi della città di Goz Beida. Altri si sono trovati nell’attacco e sono arrivati in città solo con i vestiti che avevano addosso. Alcuni sfollati corrono il rischio di tornare in giornata nei propri villaggi dati alle fiamme per raccogliere ciò che può essere recuperato dalla cenere.

La capacità di accoglienza dell’ospedale di Goz Beida è al limite con l’arrivo negli ultimi giorni di circa 70 feriti. L’ospedale non dispone di un numero sufficiente di letti e molti pazienti si stanno riprendendo da ferite molto gravi distesi su stuoie sotto gli alberi circostanti. Nel tentativo di alleviare la situazione, l’UNHCR ha fornito all’ospedale 10 grandi tende per alloggiarvi i pazienti e stuoie per dormire. Anche altre agenzie hanno messo a disposizione aiuti umanitari, come medicine e medicamenti. Al campo di sfollati di Habile, il Fondo delle Nazioni Unite per l’Infanzia (UNICEF) ed i suoi partner hanno installato nuovi punti d’approvvigionamento d’acqua potabile e costruito nuove latrine per gli ultimi arrivi.

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