Cultura
Gino Girolomoni, il profeta della cicerchia
Il creatore di Alce Nero, vero paladino del biologico italiano, è stato premiato a Milano
di Redazione
Gino Girolomoni, firma di questo giornale e precursore della cultura biologica e biodinamica in Italia, è stato premiato nei giorni scorsi a Golosaria dal Podere Forte e dal sindaco di Milano, Letizia Moratti per la ?civiltà contadina?, insieme a Elena della Cascina del Cornale, a Franca D?Amico di Rue di Zerli di Nè e alla Comunità di San Patrignano. Cosa hanno in comune tutte queste realtà? Il recupero dell?originalità della terra, il rapporto con essa che nella Comunità di San Patrignano diventa addirittura un fattore pedagogico e di autostima. Eppure, mentre il figlio di Gino Girolomoni, che ad Isola del Piano ha fondato Alce Nero, saliva sul palco, passavano alla mente i sacrifici che questo uomo ha dovuto fare per spiegare alla burocrazia rigida del nostro Paese di cosa stesse parlando.
Oggi di biologico parlano tutti e di più, e addirittura il ministro De Castro ha dovuto fare un recente intervento su una questione logica: la tolleranza zero degli ogm nei prodotti biologici. È così. In Centro Italia e proprio nelle Marche si producono antichi legumi e cereali. Uno di questi è lo spelta, che è il grano del Medioevo celebrato da santa Ildegarda Von Bingen. Ma c?è anche la cicerchia. Ebbene, è bastato che un botanico danese mostrasse di sapere che nelle cicerchie ci sono neurotossine, per convincere l?Unione Europea a bloccarne la commercializzazione.
Sulla teoria danese è poi intervenuto il ministero della Salute, bloccando la cicerchia di un produttore umbro. Ora, uno pensa allo Stato come ad un?organizzazione seria, che prima di prendere provvedimenti fa ricerche, verifiche, interpella uno dei tanti istituti messi in essere per la nostra sicurezza alimentare e poi interviene. Macché: basta la teoria di una persona che ha letto sui libri un?altra teoria, per giungere al provvedimento. Il fax costa poco e, con la medesima tranquillità, sono stati mandati dei fax ai sindaci per dire che la Ue non vuole le denominazioni comunali. Ma la Ue non vuole neppure la tracciabilità dei prodotti, se è per questo, e che non si sappia che il vino ha i trucioli. Cosa vuole allora la Ue? Bisognerebbe chiederlo agli industriali: si farebbe prima a conoscere il volto della Matrigna.
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