Famiglia
Famiglia/ Queste sono elemosine. Date voucher mirati
Le erogazioni dirette restano il sistema più efficace. Ma ci sono cinque condizioni da rispettare. Eccole...a cura di, Paola Soave
di Redazione
Gli assegni famigliari ci sono, eppure non funzionano. E dire che in Italia, nel pacchetto ?famiglia?, la voce ?assegni famigliari? è quella più pesante: 5,8 miliardi nel 2004, rimasti grosso modo tali anche oggi, su un totale di 14 miliardi. Peccato che per la sola voce ?assegni? la Francia di miliardi ne spenda 18 e la Germania 40,6: un abisso.
Quello delle erogazioni dirette in realtà è un capitolo su cui molti storcono il naso: «Sa troppo di assistenzialismo», dice Paola Soave, vicepresidente del Forum Famiglie. «Le erogazioni dirette hanno valore come misure secondarie, per esempio come imposta negativa che lo Stato versa al cittadino incapiente, cioè a chi avendo un reddito molto basso non paga le tasse e quindi non gode dei benefici fiscali cui ha diritto». La filosofia non fa una grinza, ma di fatto, nell?immediato, le erogazioni dirette restano il sistema più efficace. A patto che…
Primo, a patto che siano universali e non calcolate in base al reddito, perché altrimenti si tratta di una misura contro la povertà, non per la famiglia. Un obiettivo realistico secondo gli esperti sarebbe un assegno di 80/100 euro al mese per ogni figlio a carico.
Secondo, a patto che le agevolazioni partano dal primo figlio, visto che da noi già quello è un problema. Terzo, a patto che ci sia una equità orizzontale e che il tanto declamato taglio dell?Ici, per fare un esempio, non riguardi le famiglie indistintamente, ma solo quelle con figli. Quarto, a patto che le erogazioni dirette non vengano dallo Stato ma dagli enti locali: lo Stato può fare di meglio del bonus bebè. Quinto, a patto che non si tratti di un generico ?premio di produzione? ma di una serie articolata di voucher mirati: un assegno di nascita, un voucher per la scelta della scuola, uno per la scelta della baby sitter piuttosto che del nido, uno che integri il reddito della madre che sceglie di rimandare il rientro al lavoro piuttosto che il part time? «Tutti parlano di politiche per la famiglia», dice la Soave, «ma per poter usare legittimamente quell?aggettivo serve una cosa precisa: mettere la famiglia nelle condizioni di scegliere liberamente ciò che la riguarda».
Questo discrimine è particolarmente avvertito nella conciliazione tra lavoro e famiglia: «Oggi il modello imperante prevede che la donna rientri subito al lavoro e mandi il figlio al nido», spiega la Soave. «Ma la donna deve poter scegliere di rimanere a casa e non esserne penalizzata. I congedi già ci sono, idem strumenti come il part time, il lavoro da casa o il job sharing: occorre introdurre un soggetto che valuti se i datori di lavoro consentono realmente di usufruire di tali permessi. In Italia c?è bisogno di un cambiamento di mentalità, perché finora la famiglia è succube della logica del lavoro».
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