Non profit
Il terzo settore in toscana ha il suo parlamento
Nasce la Conferenza delle autonomie sociali, «espressione della sussidiarietà». Dirà la sua sulle politiche della Regione. Riuscirà a farlo con una voce unica?...
di Redazione
Prendersi cura del territorio, individuando modi originali perché le sue molte voci possano adeguatamente esprimersi. Un?esigenza sempre più avvertita e condivisa (senza le comunità è possibile la società?) anche in assenza di ricette sicuramente efficaci.
C?è però chi ritiene che la società civile, per esprimersi e dare il suo contributo, debba organizzarsi da sé. Chi invece pensa che un aiutino possa servire, anche se proviene per dir così dall?alto: non è detto che molte voci sappiano formare un coro e può essere utile creare luoghi istituzionali. Questa seconda strada è stata seguita dalla Regione Toscana che ha approvato una legge (la numero 4 dell?aprile 2007) in cui istituisce una Conferenza permanente delle autonomie sociali, «organismo espressivo della sussidiarietà sociale nella Regione» come recita l?articolo 1.
Organo consultivo
Vi parteciperanno rappresentanti di tutte le ?anime? del terzo settore: delle associazioni di promozione sociale e culturale e del volontariato (sette ciascuno); delle associazioni di tutela dei consumatori, delle cooperative e delle imprese sociali (tre); delle associazioni di cooperative sociali e delle imprese sociali, nonché delle fondazioni (sempre due ciascuno); due rappresentanti di associazioni operanti prevalentemente nel sociale non comprese fra le precedenti e due delle associazioni dei disabili.
«È una novità assoluta», spiega a Vita Fabio Lenzi, esperto di politiche sociali, «e di rilievo: fra i compiti della Conferenza, che ha una funzione consultiva, quello di esprimere parere obbligatorio sui documenti di programmazione economica, sociale, territoriale, un ambito molto più ampio di quel che accade di norma».
Un ?Cnel regionale?
Un parere obbligatorio ma non vincolante, quello della Conferenza, che comunque potrà presentare proposte, dovrà organizzare un appuntamento annuale sullo stato delle autonomie sociali in Toscana e soprattutto sarà tenuta a svolgere «verifiche sugli esiti delle politiche regionali». Quanto al peso di questi pareri, «la partita è del tutto aperta», commenta Lenzi, «e dipende anche dalla capacità dei rappresentanti del terzo settore di rendere seria, autorevole e mediaticamente visibile l?azione della Conferenza. Che si esplica anche nella fase di verifica e monitoraggio delle politiche regionali: si tratta di un punto assai delicato e importante anche perché introduce il tema, non così frequentato in Italia, del monitoraggio».
Con un rischio però: che la verifica, sia pure in forma consultiva, sia fatta da parte dei medesimi soggetti che erogano i servizi. O no? «Sì, questo rischio c?è ma è interno alla comprensione del proprio ruolo da parte dei soggetti di terzo settore. Dovranno smarcarsi dalla funzione di pura erogazione, mettere tra parentesi altri livelli di rappresentanza e aprirsi a una lettura globale di bisogni, criticità eccetera, a beneficio della collettività», ribatte Lenzi.
Insomma, una vera sfida, la costituzione di questa Conferenza, anche per un altro aspetto, di grandissima attualità e molto delicato: la questione della rappresentanza. Perché da un certo punto di vista è come se la Regione Toscana stesse sollecitando la (debole) capacità di fare sintesi da parte del terzo settore, spingendolo a parlare con voce univoca e a presentarsi in modo compatto di fronte a decisori politici e a opinione pubblica. In questo modo si corre il rischio – sottolineano alcuni osservatori – di limitare (o condizionare) la capacità di organizzazione dal basso e di frenare quindi il percorso verso una rappresentanza ?adulta? da parte del terzo settore. Giacché non è improbabile che la forza attrattiva di questo organismo, per di più istituzionale, possa comprimere gli altri livelli in cui il terzo settore è impegnato.
Di diverso parere Lenzi: «Mi pare che la Conferenza possa essere vista come una specie di Cnel regionale, cioè un ente entrando nel quale ciascuno abbandona le altre questioni di rappresentanza. Che comunque continuano a esistere e ad aver bisogno di cura. Ma altrove. Da questo punto di vista va sottolineato che non sono soppressi gli altri luoghi di confronto e negoziazione. Dunque certamente si tratta di un impegno per il terzo settore ma non vedo pericoli per la sua capacità di rappresentanza».
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