Formazione

Sostegno: meglio le scuole speciali?

Di fronte ai tagli degli insegnanti di sostegno, alcuni genitori cominciano a pensarlo...

di Redazione

Pochi insegnanti di sostegno, scarsa preparazione del corpo docente, mancanza di continuità didattica. La scuola non parte sotto i migliori auspici per i 190mila studenti italiani con disabilità, che potrebbero diventare 200mila nel corso dell’anno se verrà confermato il trend di crescita degli ultimi anni (+5% l’anno). Secondo le associazioni che si occupano di disabilità, infatti, i circa 96mila docenti di sostegno potrebbero non bastare e il blocco delle assunzioni porterà ad una carenza di circa 5mila insegnanti. Così, di fronte alla riduzione delle ore dedicate ad ogni alunno, qualche genitore torna a pensare che forse sarebbe meglio iscrivere i propri figli alle scuole speciali, il cui numero è diminuito da quando la legge 517/77 ha sancito il diritto a frequentare le scuole comuni anche per gli studenti con disabilità (secondo il Ministero della Pubblica Istruzione, sono rimaste 15 scuole speciali in tutta Italia, ndr), potrebbero quindi conoscere una nuova fioritura.

“Siamo arrivati alla disperazione, e la disperazione può portare a cercare le soluzioni più comode”. Per Maria Mirella Gangeri, presidente di Agedi, l’associazione genitori di bambini ed adulti disabili, è questo a spingere le famiglie a chiedere la riapertura degli istituti e delle scuole speciali. Una soluzione che però i membri dell’Agedi non condividono. “Non permettiamo a nessuno di tornare al passato – dice Maria Mirella Gangeri -. Da un punto di vista didattico siamo ancora parecchio indietro, ma la scuola cosiddetta normale è un luogo importante di socializzazione per i nostri figli”. Proprio per questo, a preoccupare i genitori non è solo la carenza di insegnanti di sostegno, ma l’atteggiamento delle insegnanti curriculari. “L’errore di fondo è delegare l’integrazione del bambino con difficoltà all’insegnante di sostegno – spiega la presidente di Agedi -. Invece che favorire l’armonia della classe e l’accettazione di chi è diverso, il docente preferisce far uscire dall’aula il ragazzo e il suo insegnante. Così si mantiene l’ordine e la gestione degli alunni è più facile”.

“Il rischio che i genitori chiedano al riapertura delle scuole speciali esiste – conferma Salvatore Nocera della Fish -: quando il Governo non risponde alla domanda della qualità dell’integrazione la gente preferisce il peggio. Noi abbiamo prospettato questo rischio al Ministero e la risposta, politica, che ci è stata data è che ‘indietro non si torna’. Ma bisogna vedere cosa chiederanno le famiglie: abbiamo ricevuto decine di segnalazioni di genitori amareggiati dal fatto che i loro figli non sono seguiti, dal turnover degli insegnanti di sostegno, dall’impreparazione degli docenti, talora dall’incapacità gestionale di alcuni dirigenti scolastici, dai mancati controlli sul rispetto della normativa. Lamentele che sembrano voler dire ‘si stava meglio quando si stava peggio’; certo, su 190mila studenti iscritti e frequentanti sono ancora poche”.

La Fish, invece, chiede di puntare sulla formazione. “Ci vorrebbero corsi di aggiornamento obbligatori, organizzati dal ministero dell’Istruzione in collaborazione con i sindacati, insieme a modifiche legislative sulla formazione dei docenti. Bisognerebbe inserire nel curriculum formativo un certo numero di ore sulle tematiche dell’integrazione. Quando partimmo a lavorare su questi temi, negli anni ’60 e ’70, insegnanti di sostegno non ce n’erano ma corsi di formazione per gli insegnanti curriculari sì”.

Fonte: www.superabile.it

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