Famiglia

Culla per la vita: l’Anfaa dice no

Lettera critca dell'associazione sull'iniziativa della Mangiagalli. «Dimentica che le donne hanno diritto a partorire in sicurezza in ospedale e non riconoscere il bambino»

di Redazione

A Milano è stata inaugurata ieri la Culla per la Vita. Si tratta di un culla termica donata dall?Associazione Venti Moderati alla Fondazione Irccs Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena. Una versione moderna e più sicura della ?ruota degli esposti”, con la stessa funzione di quella: abbandonare un neonato nell’anonimato, in un luogo dove qualcuno lo possa trovare subito e prendersene cura.
Dura però la reazione di Anfaa-Associazione Nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie. «Questa iniziativa – scrive in una nota l’associazione – sostenuta addirittura da un rappresentante delle istituzioni, ci riporta indietro al Medioevo e ignora che le donne che non intendono riconoscere il proprio nato hanno diritto di partorire in assoluta segretezza negli ospedali e nelle altre strutture sanitarie e di essere quindi seguite dal punto di vista medico-infiermeristico come tutte le altre partorienti, per assicurare al neonato le cure necessarie». Nel caso in cui non sia stato effettuato il riconoscimento, l?atto di nascita del bambino è redatto con la dizione ?nato da donna che non consente di essere nominata? e l?ufficiale di stato civile, dopo avergli attribuito un nome e un cognome, procede entro dieci giorni alla segnalazione al Tribunale per i minorenni ai fini della dichiarazione di adottabilità ai sensi della legge 184/1983. In tal modo a pochi giorni dalla nascita, il piccolo viene inserito in una famiglia adottiva, scelta dal Tribunale fra quelle che hanno presentato domanda di adozione al Tribunale stesso. La donna che decide, per motivi a volte anche drammatici e spesso in completa solitudine, di non diventare la madre del piccolo che ha partorito in ospedale non riconoscendolo come figlio, compie una scelta ?responsabile? che merita il rispetto di tutti, quel piccolo non è abbandonato, ma affidato alle istituzioni perché possa trovare al più presto un papà e una mamma.

Un problema in effetti c’è. La legge 34/2004 della Regione Lombardia ha trasferito le competenze in materia di gestanti e madri ai Comuni, ma quelli di piccole dimensioni non sono in grado di fornire i servizi adeguati:«È quindi necessario individuare Comuni capofila (orientativamente cinque), come l?Anfaa ha già richiesto in una petizione inviata alla Regione e corredata da circa 5mila firme», preseguono.
«Chiediamo al Comune di Milano, alla Direzione della Clinica Mangiagalli e alle Associazioni promotrici di questa iniziativa un incontro urgente per meglio illustrare le nostre vivissime preoccupazioni al riguardo e rinnoviamo alla Regione Lombardia la richiesta urgente dell?emanazione di una normativa specifica che garantisca anche nella nostra Regione una reale tutela delle gestanti in difficoltà e dei loro nati sia prima, durante e dopo il parto».

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