Welfare

Class action, cinque mosse per renderla più efficiente

Parliamone di Gustavo Ghidini.

di Redazione

E' assolutamente giusto proporsi di apprestare forme semplici e non costose di tutela risarcitoria alle vittime di «illeciti di massa». L?obiettivo trova conforto in molteplici esperienze estere, alle più avanzate delle quali sarebbe stato opportuno ispirarsi. Ora c?è ancora il tempo, nel prossimo passaggio parlamentare, per alcuni necessari interventi correttivi. Ne propongo, a titolo puramente personale, alcuni che ritengo più rilevanti.

1. Introdurre una valutazione preventiva di fondatezza dell?azione, a cura dello stesso giudice avanti al quale la causa è promossa. Ciò, sottolineo, non solo per scoraggiare iniziative avventate e strumentali, ma proprio a diretta tutela dei consumatori che dalla promozione di cause ?sballate? avrebbero tutto da temere sia per la probabilità di insuccesso, sia per il rischio di dover restituire il risarcimento ottenuto in primo grado se la sentenza venisse poi riformata in Appello.
2. Non prevederei una fase di conciliazione dopo la sentenza di primo grado, per determinare il ?quanto? del risarcimento. La conciliazione va esperita, come d?ordinario, prima di dar corso alla causa (con i suoi tempi ?italiani?!). Ma poi quel ?quanto? può benissimo essere stabilito, in corso di causa, da un consulente tecnico del giudice.
3. Perché far regolare tutte le cause collettive da una medesima procedura? Meglio distinguere fra ?piccole liti? e maxi-processi (tipo Cirio, Parmalat etc.). E, per le prime, facendo ampio ricorso a meccanismi di conciliazione.
4. La normativa attuale si applica alle associazioni di privati consumatori. Ma se centomila commercialisti fossero ?vittime? di un software gravemente errato per la compilazione delle dichiarazioni dei redditi, perché non ammetterli all?eguale tutela se non dopo (scampa cavallo!) un apposito «decreto del ministro della Giustizia, di concerto con il ministro dello Sviluppo economico, sentite le competenti Commissioni parlamentari»? Attenzione a non ledere il principio (art. 3 della Costituzione) dell?eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
5. Un tetto massimo fisso del 10% del valore della controversia per il compenso ai difensori è in contrasto:
a) con il buon senso: 10% di un maxicontenzioso può corrispondere a cifre spropositate. Meglio, semmai, proporzionare la percentuale a scaglioni di somme risarcite;
b) con la logica della liberalizzazione (giusta) delle tariffe e dell?abolizione (opinabile) del cosiddetto patto di quota lite.

Gustavo Ghidini

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