Welfare
Giustizia: più tempo per risarcimenti sangue infetto
La Suprema Corte ha allungato i tempi di prescrizione per l'azione risarcitoria per le persone che hanno contratto l'epatite o l'Hiv in seguito a trasfusioni
di Redazione
Le persone che hanno contratto l’epatite o l’Hiv in seguito a trasfusioni con sangue infetto effettuate nelle strutture sia pubbliche che private, da oggi hanno più tempo per chiedere il risarcimento dei danni subiti al Ministero della Salute. Lo hanno deciso le Sezioni unite civili della Cassazione allungando i tempi di prescrizione per l’azione risarcitoria.
“La prescrizione per l’azione di danno nei confronti del Ministero della Salute per omessa vigilanza sulla ‘tracciabilità’ del sangue – spiega il comunicato della Cassazione, firmato dal Primo presidente Vincenzo Carbone – decorre non dal giorno della eseguita trasfusione, nè da quello in cui sono rilevati i primi sintomi della malattia, bensì dal giorno in cui il danneggiato abbia avuto consapevolezza della riconducibilità del suo stato morboso alla trasfusione subita”.
Riunendo i numerosi ricorsi i giudici hanno inoltre stabilito che a seguito delle trasfusioni con sangue infetto, “non si configura il reato di epidemia colposa, per la mancanza dell’elemento della volontaria diffusione di germi patogeni, bensì quello di lesioni o omicidio colposi”.
Infine, “la responsabilità ministeriale per i casi di infezione da Hcv e Hiv (scoperti negli anni ’80), decorrere dalla scoperta del virus dell’epatite B (anni ’70).
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