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le lobby buonedel campaigner
trend Arriva in Italia l'organizzatore di campagne
di Redazione

La valutazione dell’efficacia di una campagna è oggi il più importante obiettivo del campaigner, colui che in ong e associazioni organizza campagne di sensibilizzazione. Un ruolo ben diverso da quello di chi pianifica eventi, come sottolinea Paola Giuliani, responsabile dell’unità Campagne e attivismo di ActionAid Italia. «Nell’ideazione e realizzazione di una campagna l’evento, come per esempio un concerto, è solo una parte di un percorso che va verso la realizzazione di un obiettivo, che nel nostro caso è il cambiamento delle decisioni politiche che incidono sullo sviluppo dei Paesi del Sud del mondo».
È una professione molto giovane in Italia. «Dopo i primi anni di pionierismo, oggi ong e onlus dimostrano sempre più un approccio professionale, e questo per ActionAid ha significato potersi concentrare sulla valutazione dell’impatto della campagna, eseguita sia in progress che alla fine del progetto».
Paola Giuliani, laureata in Comunicazione allo Iulm e con una importante esperienza nel mondo del profit, da sei anni lavora in ActionAid. «Si parte dalla scelta dei temi», racconta, «e dalla conoscenza approfondita del problema sociale da affrontare. Si stilano documenti e rapporti che sono presentati ai diversi media. Si calcola il budget degli investimenti e si cercano partner. È la fase che chiamiamo di advocacy e lobby. Poi inizia la campagna vera e propria, con la comunicazione al grande pubblico e il suo coinvolgimento per la mobilitazione, che può avere molte e diverse manifestazioni a seconda del target a cui ci rivolgiamo. Si va dalla mostra al concerto, dalla partecipazione a trasmissioni televisive all’invio di cartoline. Nel corso della campagna ne valutiamo l’impatto, per verificare l’efficacia delle nostre azioni ed eventualmente calibrarle». Dopo la campagna No poverty – No Aids Paola Giuliani sta seguendo Hungerfree, imminente serie di iniziative sul diritto al cibo.
Ma qual è la preparazione ideale per fare questo lavoro? «Prima di tutto la passione e l’interesse verso i temi trattati. Il ruolo del campaigner sino a qualche anno fa era spesso rivestito da chi proveniva dal marketing, oggi ci sono persone dalla formazione più varia: scienze politiche, lettere, psicologia sociale, economia, sociologia». Un corso di specializzazione può aiutare alla formazione di base? «Ci sono centri di formazione specializzati nel non profit che offrono corsi ad hoc. Tuttavia è un lavoro che si basa molto sull’esperienza sul campo. Ogni associazione ha un proprio modo di agire che caratterizza anche la campagna di sensibilizzazione». Non solo, ci vogliono anche doti personali: «Oltre al lavoro di studio in ufficio, ci sono continui viaggi per incontrare i vari partner e si opera in team. Infine lavoriamo anche durante festività e week end: le campagne hanno i loro momenti di punta durante il tempo libero degli altri».
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