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Ritratto di Berlusconi,il leader fantasmatico

New look Alessandro Amadori, "psicopolitico", spiega cosa c'è dietro la svolta

di Redazione

L’Italia ha scoperto un Silvio Berlusconi che non conosceva. O forse semplicemente che prima non esisteva. Soddisfatto, ovviamente sorridente, ma quasi “buonista”. Un’immagine per certi versi inattesa; non per Alessandro Amadori, sociologo e sondaggista. Amadori, del resto, è uno che di Berlusconi se ne intende. All’indomani della vittoria elettorale del 2001 aveva scritto un libro, (titolo: Mi consenta), per cercar di capire quali fossero i segreti della strategia vincente. La stessa cosa ha fatto poi per analizzare la strategia dell’Ulivo (titolo: Avanti miei Prodi). Sino al 2006 è stato il “sondaggista” di un programma di successo su Radio Popolare.
Amadori si definisce “psicopolitico”. E come tale il suo mestiere è cogliere tutti quei segni esteriori che suggeriscono mutamenti di rotta strategica. Per esempio, l’abbandono del classico blazer con cravatta in campagna elettorale per Amadori non è stato affatto un cambiamento “neutrale”. «È stato un modo azzeccato per essere in sintonia con l’umor nero dell’Italia», sottolinea Amadori. «Ha interpretato il bisogno di spartanità, di sobrietà, di rassicurazione nella consapevolezza dei problemi da affrontare».
Vita: Dopo il voto però è tornato il leader in giacca e cravatta…
Alessandro Amadori: Ovvio. Il ruolo lo impone. Ma anche in questa versione, Berlusconi mantiene un atteggiamento molto più sobrio del passato, per quanto sorridente e rilassato. Quello di oggi è un premier che vuole dare l’idea di farsi carico dei problemi del Paese.
Vita: Però riferendosi alle ministre ha pur detto: «E ora svezzerò le bambine». Non contraddice quello che sta dicendo?
Amadori: Credo che il profilo globale si sia adattato alla situazione ma anche che alcuni tratti siano restati tipicamente berlusconiani. È sempre Silvio, come lo abbiamo conosciuto fino ad ora. Questo elemento “machista” fa parte del suo personaggio, è quasi scritto nel suo dna. Se guardiamo all’immagine complessiva, si nota lo sforzo di dare un taglio diverso. Ma il personaggio è lui. E in fondo piace anche per queste sue caratteristiche intrinseche…
Vita: Le elezioni hanno disegnato un’Italia della paura?
Amadori: Tutti gli osservatori più qualificati hanno letto il meccanismo di decisione del voto non tanto come un segno di svolta a destra nel senso ideologico e novecentesco del termine, quanto piuttosto come indizio di un voto pragmatico, centrato sulla aspettativa di risoluzione dei problemi. Hanno pesato la preoccupazione, i timori, il bisogno di essere rassicurati. Non condivido l’analisi secondo cui l’Italia è diventata un Paese di destra. È un Paese in crisi che ha comprensibili e legittimi timori e si aspetta che qualcuno li risolva. La destra è stata capace di presentarsi come più credibile e rassicurante. Non è un’Italia della paura. Ma va detto che non è stato nemmeno un voto di proiezione verso il futuro. In questo senso è sembrato troppo filmico lo slogan di Veltroni: non si trattava di immaginare un modello di Paese come se fossimo proiettati verso la crescita. Si doveva piuttosto uscire dalla stasi, dal ristagno, dall’indebolimento. Perciò ha funzionato meglio lo slogan «Rialzati Italia».
Vita: Il Paese dopo le elezioni sembra aver tirato un sospiro di sollievo e sembra essersi detto: «Possiamo tornare a occuparci d’altro».
Amadori: Aggiungerei un altro aspetto. E cioè: «In fondo in fondo restiamo molto preoccupati, possiamo veramente essere sicuri che questa sia la volta buona?». Da qui probabilmente molte aspettative su questo governo dei primati, su questo leader che ha avuto un’investitura a tutto campo. L’Italia è attendista: ha dato a Berlusconi strumenti che nessun alto leader della storia italiana ha avuto. Lui è stato bravo a conquistarli, ma il Paese è guardingo, disilluso. Non parlo dell’antipolitica che è un fenomeno marginale. Mi riferisco piuttosto al pragmatismo: «Abbiamo investito su questo titolo, adesso vediamo se l’azione in Borsa merita l’investimento che abbiamo fatto».
Vita: Un pragmatismo che nasce dalle difficoltà economiche.
Amadori: Assolutamente. Sono state determinanti nella vittoria del centrodestra e nel vissuto dei cittadini. A volte ho parlato di una sindrome Argentina: temiamo di fare la fine di quella nazione, di diventare marginali. Questa sì che è quasi una paura.
Vita: Poi c’è la percezione di un’insicurezza, che aumenta anche se i delitti sono diminuiti.
Amadori: È giustissimo, ma occorre fare una precisazione criminologica. Il numero complessivo di delitti denunciati in Italia è cresciuto almeno fino al 2005. Certo, dal punto di vista dei delitti gravissimi, contro la persona, l’Italia è un Paese sicuro. Abbiamo un numero di omicidi più basso anche rispetto a Paesi del tutto confrontabili a noi come Francia e Gran Bretagna. Ma abbiamo anche un problema fortemente italiano, e cioè il numero oscuro, la differenza fra il numero dei reati effettivamente compiuti e quello dei reati denunciati. L’Italia ha un’elevatissima percentuale di microdelitti oscuri. È vero che la percezione di insicurezza personale è amplificata in modo eccessivo: l’Italia è un Paese molto poco violento per quanto riguarda la grande delittuosità e il maggior numero di omicidi si concentra in poche regioni dove molto forte è la criminalità organizzata. Viceversa nell’ambito della microdelittuosità abbiamo indubbiamente un primato europeo. Questo spiega l’apparente contraddizione. Gli italiani non sono paranoici: subiscono pochissimi delitti gravi contro la persona, ma un numero enome di microdelitti contro la proprietà e questo genera comunque insicurezza.
Vita: Nel profilo del Paese che ha disegnato, accanto al pragmatismo, al realismo e alla piccola componente di estremismo, c’è anche un elemento “fantasmatico”?
Amadori: Direi che c’è un po’ di fantasmaticità, accanto al rischio di comportamenti estremistici non necessariamente di matrice ideologica. E poi c’è il pensare corto dell’elettorato: fai qualcosa subito. Questo è il pragmatismo. La Lega è così forte in alcuni territori perché è il partito che fa della cura anche concreta del territorio e della sicurezza il suo programma politico. Sembrava che questo approccio così iperpragmatico fosse poco stimolante, invece è stato premiato.

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