Non profit

Che bella idea. forse troppogrande per noi

Il parere di Luciano Balbo

di Redazione

«Trovo affascinante e giusto questo progetto perché in un Paese come il nostro sarebbe molto utile dare dei segnali, far vedere che c’è un progetto nazionale non locale, che si pone degli importanti obiettivi collettivi». Luciano Balbo, presidente della Oltreventure, la prima società italiana di venture capital sociale, aderisce totalemente all’idea lanciata da Manes. Ma non nasconde anche i suoi timori.

E&F: Quali?
Luciano Balbo: Ho un grandissimo timore che questo progetto, se mai nascerà, nasca un po’ vuoto. In Italia si fanno le istituzioni poi si trova qualcuno che le gestisce, ma non si definisce che cosa si deve fare, quali sono gli obiettivi e come si misurano. La Fondazione per il Sud ne è un esempio. Se questo progetto nasce nello stile italiano, cioè senza un programma, senza la necessaria trasparenza avremo buttato via un’opportunità. Ho una certa diffidenza verso i grandi progetti perché so quanto sia difficile selezionare chi lo gestirà e individuare il modo di gestione.

E&F: L’obiezione è chiarissima. Tuttavia, prescindendo da queste avvertenze, in che senso il progetto potrebbe avere un’utilità?
Balbo: Un progetto del genere dovrebbe essere molto più trasparente rispetto a quanto fanno le fondazioni private nei confronti delle fondazioni bancarie, nel dichiarare i suoi obiettivi. Uno dei grandi difetti degli operatori della filantropia in Italia è che non c’è trasparenza su come scelgono, come agiscono, sugli obiettivi che si pongono. Un progetto di questo tipo invece avrebbe la trasparenza nei cromosomi. Per di più si porrebbe su una lunghezza d’onda nazionale e non più localistica. E potrebbe occuparsi di temi complessivi possono essere arte, povertà, rivitalizzazione turistica dei territori. In questo senso può anche rivelarsi come uno stimolo a strategie di polis pubbliche.

E&F: Una strategia di questo tipo dà per scontato che ci sia una capacità progettuale da parte di fondazioni private che oggi non ha adeguate risorse dal punto di vista economico-finanziario.
Balbo: La maggioranza delle fondazioni private ha in effetti una capacità economico-finanziaria più limitata. Devono rispondere a bisogni locali. Mentre un progetto come la superfondazione potrebbe concentrarsi solo su poche cose cercando di raggiungere gli obiettivi senza dover rispondere a tanti piccoli localismi. Questo è un elemento che manca oggi in Italia perché anche le stesse fondazioni bancarie, le 3- 4 più grandi, hanno comunque oggettivamente dei limiti per cui il loro ambito geografico è anche quello di tipo finanziario.

E&F: Le fondazioni private d’impresa avrebbero bisogno di strumenti che le portassero a varare dei progetti anche a rete o comunque pensare in grande?
Balbo: La maggioranza delle fondazioni d’impresa sono nate da poco e hanno ancora un imprinting fortemente di marketing. Sono nate anche perché c’era in qualche modo una moda, si doveva fare, hanno dei team molto giovani. Hanno storia e cultura breve. Per questo l’utilità di una superfondazione come stimolo e come punto di riferimento sarebbe grandissima: alzerebbe la qualità, la progettualità e l’aspettativa. Avrebbe poi libertà di valutare i risultati, cosa che oggi le fondazioni d’impresa, perché troppo vincolate dal marketing, non possono certo fare.

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