Non profit

da enti pubblicia fondazioni:la svolta americana

università La manovra finanziaria privatizza gli atenei

di Redazione

Da pubbliche a private. Questo sembra essere il destino delle università italiane (a oggi pubbliche) che, secondo il testo della manovra triennale in questi giorni all’esame del Senato, potranno trasformarsi in soggetti di diritto privato, con non poche agevolazioni a proprio favore.
La prima novità consiste nel sorprendente passaggio dalla natura pubblica a quella privata delle università. Quanto sarà vero nei fatti non è ancora dato sapere. Infatti, seppur ciò possa apparire paradossale, un ente non è pubblico solo se ha natura pubblica; può avere sostanziale natura pubblica dove, pur costituito in forma privatistica, il controllo di fatto sia demandato ad altri enti pubblici.

Problemi interpretativi
Su tale aspetto il testo di legge pare assertivo («le università pubbliche possono deliberare la propria trasformazione in fondazioni di diritto privato»), ma prevedo in futuro problematiche interpretative ingenti. Tanto è vero che all’ultimo comma il legislatore – per mettere le mani avanti – afferma che «alle fondazioni universitarie continuano ad applicarsi tutte le disposizioni vigenti per le università statali in quanto compatibili con il presente articolo e con la natura privatistica delle fondazioni medesime».
E se le norme vigenti (sulle università pubbliche) non fossero compatibili con la natura privatistica?
Stiamo parlando del diritto allo studio, per esempio, del diritto di accesso sancito dalla legge 241/90 (la riforma del diritto amministrativo), delle modalità di appalto di servizi e beni, di un ampio ventaglio di decisioni che una nuova fondazione universitaria potrebbe prendere – nella propria autonomia gestionale e organizzativa – sacrificando la sua missione “pubblica”. Tanto più che viene data la possibilità a nuovi soggetti pubblici o privati di entrare nella fondazione, ma il testo non dà alcun limite, né agli uni né agli altri e non dice “dove” entrino.
Un’altra rilevante novità consiste nella detassazione dei trasferimenti a titolo di contributo o di liberalità a favore di queste nuove fondazioni. Si agevola, in misura maggiore rispetto alle onlus, per esempio, la deducibilità delle erogazioni, dato che si dichiarano deducibili interamente, senza alcun limite. I beni immobili in uso alle università inoltre sono trasferiti, in totale esenzione di imposte e di tasse, alle fondazioni.

Donazioni più facili
Non è finita: «le fondazioni universitarie sono enti non commerciali», recita la norma, «e perseguono i propri scopi secondo le modalità consentite dalla loro natura giuridica».
Ora, la loro natura giuridica non è la non commercialità, ma il fatto di essere senza scopo di lucro, espressione mai utilizzata nel testo di legge ma che si intuisce dal fatto che per queste fondazioni vi è divieto di distribuire gli utili e obbligo di reinvestirli al perseguimento degli scopi.
Il fatto che nascano quali enti non commerciali non preclude in futuro la possibilità (o l’obbligo, dipende dalle entrate) che diventino soggetti commerciali, senza per questo perdere la caratteristica di soggetti senza scopo di lucro.
Anche alla luce di recenti risoluzioni, un soggetto commerciale senza scopo di lucro può continuare a ricevere donazioni e a far dedurre ai propri benefattori le cifre erogate.
Come dire: la convenienza per le università di diventare enti non commerciali è notevole, anche alla luce del fatto che le previsioni più recenti in termini di deducibilità delle erogazioni vincolavano le stesse al solo finanziamento della ricerca (lo prevedeva in particolare la Finanziaria 2006), mentre ora possono ottenere erogazioni per tutta l’attività svolta (e non è differenza di poco conto).
Se la strada per una università “all’americana” deve passare per gli enti non commerciali, benissimo. Se si salvaguardasse, oltre ai diritti fondamentali dell’accesso allo studio, anche il principio di concorrenza leale nei confronti delle università private e degli enti non profit (che hanno meno agevolazioni) sarebbe ancora meglio.

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