Welfare

Medicina, nuovo farmaco contro il tumore al fegato

Secondo i primi test aumenta le possibilità di sopravvivenza del 44%, ma è molto costoso

di Redazione

Sono stati pubblicati sul prestigioso New England Journal of Medicine i risultati di uno studio multicentrico condotto in 21 paesi del mondo in pazienti affetti da epatocarcinoma: il tumore primitivo più comune del fegato.

Il farmaco dimostratosi per la prima volta attivo contro questo tipo di tumore è il sorafenib. La molecola appartiene alla classe di farmaci denominata degli “inibitori multi-chinasici”, ovvero farmaci “intelligenti” perché “mirati” contro un preciso bersaglio molecolare della cellula tumorale che provoca un  suo rallentamento di crescita e una riduzione dell’apporto nutritivo di sangue (azione combinata anti-proliferativa e anti-angiogenetica).

Sopravvivenza al 44%
Nei pazienti con tumore senza più possibilità di procedere a trattamenti alternativi che hanno ricevuto il sorafenib la sopravvivenza globale è aumentata del 44% rispetto a coloro a cui non era stato somministrato altro che un placebo.

Il 20% circa dei 602 pazienti reclutati nel mondo per questo studio proveniva dall’Italia, che si è classificata al secondo posto dietro la Germania in termini di arruolamento e di dimostrazione di efficacia di questa cura sui propri pazienti.

I Centri di cura italiani più attivi inclusi nel report del New England sono l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e le oncologie dell’Università di Pisa, dell’Istituto Humanitas di Milano, e delle Università di Pavia e Bologna.

Bassi effetti collaterali, ma costi molti alti
Il sorafenib, il cui brevetto è di proprietà delle aziende farmaceutiche Bayer Heathcare AG Germany e Onyx Pharma, Emeryville California, come molti nuovi farmaci biologici ha effetti collaterali inferiori a quelli della tradizionale chemioterapia ma è ad alto costo, con un conseguente prevedibile impatto negativo sulla spesa farmaceutica nazionale.

In Italia la prescrivibilità della molecola è stata vincolata alla classe di rimborsabilità H-OSP2, cioè solo come farmaco ospedaliero e l’appropriatezza della stessa è stata garantita dalla compilazione da parte del medico di schede in grado di verificare ogni 2 mesi il risultato ottenuto sul paziente.

Per l’Italia un vanto e un’opportunità per studiare l’uso di medicine così onerose
«Il meccanismo di rimborsabilità del sorafenib elaborato per il Sistema Sanitario Nazionale può costituire un importante banco di prova» conclude Vincenzo Mazzaferro, direttore dell’Unità di Chirurgia dell’Apparato Digerente e Trapianto Fegato dell’Istituto Tumori di Milano «con lo scopo ultimo di rimborsare comunque il costo del farmaco a coloro che ne possono beneficiare, nell’interesse sia dei pazienti che della comunità».

“Questa nuova storia di  successo terapeutico – hanno sottolineato Marco Pierotti e Alberto Scanni, Direttore Scientifico e Direttore Generale INT -, che segue quella recentemente riportata sui carcinomi della tiroide, conferma l’eccellenza dell’Istituto Nazionale dei Tumori nell’ambito della ricerca, in particolare sulle terapie mirate a bersagli molecolari  specifici, e il ruolo  leader per studi coinvolgenti  altri Centri di Eccellenza per l’uso appropriato di queste terapie, efficaci, ma molto costose per il sistema sanitario”.

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