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Parla Mark Allison, attivista di Amnesty International in Cina

di Redazione

C’è chi dice che Pechino farà gesti eclatanti a ridosso dell’apertura dei Giochi, liberando per esempio qualche famoso attivista per i diritti umani. Sta di fatto che nei mesi preolimpici sono stati proprio gli attivisti e i giornalisti cinesi a patire un giro di vite da parte del governo. Ad affermarlo è Mark Allison, ricercatore internazionale di Amnesty International, da Hong Kong.
Vita: Partiamo dai progressi. Pechino ne ha fatti in questi mesi?
Mark Allison: I segnali più positivi sono giunti sul fronte della pena di morte. Il governo cinese ha manifestato la volontà, sul lungo termine, di abolire la pena capitale, ma potrebbe passare molto tempo. Noi abbiamo chiesto al governo di cominciare a limitarne l’applicazione. A inizio 2008 la Corte Suprema ha avocato a sé tutte le sentenze capitali, mentre prima anche le corti locali ne avevano facoltà. I funzionari del governo hanno dichiarato che le condanne si sono significativamente ridotte; ci auguriamo sia vero, non essendoci statistiche per provarlo: per il governo cinese si tratta di segreto di Stato.
Vita: Quale strategia hanno usato le organizzazioni presenti a Hong Kong per fare pressione sul governo cinese?
Allison: Abbiamo lavorato sulla Carta olimpica, cercando tutti i legami possibili con i diritti e con la dignità della persona umana.
Vita: Sono vietati bandiere, striscioni e qualsiasi materiale «relativo ai diritti umani, all’ambiente o alla difesa degli animali». Cosa resta agli attivisti?
Allison: Una clausola della Carta olimpica bandisce dimostrazioni e azioni di propaganda politica o razziale nei luoghi delle Olimpiadi. Abbiamo chiesto al Cio di precisare quali luoghi siano da considerare «sedi dei Giochi olimpici». Per esempio: sono comprese le sale-stampa? Non c’è stato nessun chiarimento al riguardo. Il Comitato organizzatore di Pechino poi ha prodotto il suo regolamento, con norme molto più restrittive, incluso il divieto per gli spettatori di dare risonanza a temi connessi ai diritti umani: si è andati molto oltre la Carta olimpica. Ci piacerebbe che il Cio sollevasse la questione, anche direttamente con le autorità cinesi.
Vita: Veniamo alla libertà di stampa. Qual è la situazione?
Allison: Quando Pechino ha ottenuto l’assegnazione dei Giochi il governo ha detto che ci sarebbe stata totale libertà dei media. Quel che abbiamo visto è stato un crescendo di controllo e censura nei confronti dei giornalisti cinesi su tutta una serie di temi che le autorità ritengono “sensibili”. Shi Tao sta scontando una pena di dieci anni per aver divulgato segreti di Stato: ha mandato una mail con una direttiva del Partito comunista che diceva ai giornalisti come avrebbero dovuto coprire la repressione di Tian’an men dell’89.
Vita: I corrispondenti stranieri potranno informare in modo indipendente?
Allison: A inizio 2008 il governo ha approvato nuove regole il cui intento dichiarato era accrescere la libertà dei corrispondenti stranieri. Di fatto ci sono sempre più casi di giornalisti ostacolati quando cercano di informare su questioni che il governo considera sensibili. Un esempio ovvio è il Tibet, ma va citato anche il terremoto in Sichuan: abbiamo ricevuto testimonianze di giornalisti ai quali è stato impedito di intervistare le persone nella zona.
Vita: C’è qualche possibilità di agire perché ci sia più libertà di espressione?
Allison: Qualcuno è riuscito a coprire delle storie. Il quadro non è tutto negativo, ma libertà di stampa significa permettere ai giornalisti di coprire delle storie indipendentemente dal fatto che contengano o meno aspetti di critica nei confronti del governo. Credo che il Cio dovrebbe esporsi di più con le autorità locali.
Vita: Abbiamo visto i progressi: ci sono stati anche passi indietro?
Allison: È peggiorata la situazione degli attivisti e dei dissidenti. La Cina ha usato le Olimpiadi come pretesto per un giro di vite. L’intenzione era quella di promuovere un’immagine rispettabile della Cina agli occhi del mondo e questo ha implicato la repressione delle voci che spostavano l’attenzione sul lato oscuro della medaglia, come le migliaia di persone sfollate da alcune zone di Pechino per far posto agli edifici olimpici. Gli attivisti che hanno sollevato questioni relative ai diritti umani sono in prigione o sorvegliati a vista dalla polizia.Credo che per gli attivisti cinesi sarà estremamente difficile sollevare qualsiasi protesta durante i Giochi, quelli che non sono ancora stati imprigionati saranno sotto sorveglianza o addirittura allontanati dalla città nel periodo dei Giochi.

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