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Il colosso di cementotornerà ospitale

housing sociale A Baggio il progetto di recupero del celebre Marchiondi

di Redazione

Una cordata sociale. Potremmo definire così quella che, formata da una rete regionale di imprese sociali, da una fondazione, dall’università e da una banca, si propone di recuperare all’uso collettivo una struttura edilizia il cui modello è conservato al Moma di New York. Noi che l’ospitiamo, fin qui, abbiamo trattato maluccio l’originale: l’edificio progettato dall’architetto Vittoriano Viganò secondo lo stile chiamato “brutalista” è in stato d’abbandono da più di dieci anni. Se tutto va bene, l’Istituto Marchiondi (costruito nel 1957) sarà restituito al quartiere milanese di Baggio entro tre anni.

Una storia esemplare
Volumi squadrati e grandi vetrate. Il brutalismo del Marchiondi – cemento a vista, linee rigorose – non nasce a caso. È frutto della sinergia tra un famoso architetto e le istanze pedagogiche che dovevano essere soddisfatte dalla struttura, nata per ospitare giovani disadattati e pensata con una intuizione molto moderna: ampi spazi collettivi per una comunità divisa in piccoli gruppi (ciascuno dei quali aveva un tutor; ed eravamo negli anni 50). «A noi è parsa un’idea importante, da tener presente e da rilanciare», spiega Umberto Zandrini, del Sistema Consortile Metropolitano Milanese (una rete di vari consorzi provinciali, con 113 cooperative sociali 3.200 occupati di cui 310 svantaggiati, aderente al gruppo Cgm), «nel momento in cui abbiamo pensato di elaborare un progetto per il recupero del Marchiondi, rispondendo a un bando comunale, ci siamo proposti di valorizzare il patrimonio architettonico salvaguardando la finalità originaria, aggiornandola ovviamente alle esigenze di questi anni».
E fra queste ultime, non per caso, l’emergenza abitativa, anche nella declinazione della residenzialità temporanea. Il progetto, che nel 2006 vince il bando comunale, prevede di recuperare il Marchiondi creando strutture di accoglienza per universitari, per persone che hanno necessità di vivere per qualche tempo nella metropoli lombarda, per quanti attraversano una fase di disagio.

Tre consorzi insieme
«Inseriamo le questioni dell’abitare in un più ampio impegno per il miglioramento della qualità della vita, che rappresenta un nuovo fronte su cui le imprese sociali possono e vogliono lavorare. Consapevoli che al di là delle emergenze socio-assistenziali, di cui ci occupiamo da sempre, esistono nuove frontiere sulle quali come cooperazione sociale abbiamo molto da dire», annota ancora Zandrini. Ma vinto il bando, iniziano le difficoltà. I tre consorzi milanesi – Sir, Sis, Cooperho – avviano una trattativa con gli uffici comunali. Hanno in animo di convincere il municipio a essere un vero partner di questa avventura.
Dall’interlocutore però ricevono solo dei “niet” trincerati dietro il rispetto letterale della concessione d’uso (per 35 anni). Finché – ed è il primo ingresso nella cordata – interviene Fondazione Cariplo che, conosciuto il progetto, lo appoggia e avvia una mediazione con la burocrazia. Le cose si mettono al meglio con l’ingresso del Politecnico di Milano, il quale intende dare il suo sostegno al recupero del Marchiondi, anche perché all’università interessa avere a disposizione residenze per i suoi studenti. La notizia che probabilmente il ministero dell’Università darà al Politecnico un contributo (a fondo perso) di 11 milioni di euro, sblocca la situazione. Con quelli messi a disposizione dalla Fondazione Cariplo e con i tre milioni che le imprese sociali investiranno, siamo a quota 17 milioni.

Un investimento cospicuo
«E da notare che il rischio d’impresa lo assumono per intero le imprese sociali», chiosa Zandrini. Il che rappresenta per certi aspetti un significativo riconoscimento e per altri una grossa responsabilità. Perché è alle cooperative che spetta la gestione concreta del futuro Marchiondi: il pensionato studentesco (di cui una quota convenzionata con il Politecnico e destinata ai più meritevoli), gli appartamenti per persone in condizione di fragilità, le residenze per chi è provvisoriamente in città. E ancora: le aule di formazione, gli impianti sportivi, la ristorazione (aperti anche al territorio).
Una bella scommessa non c’è che dire. Anche perché «per gestire tutto ciò sarà necessaria una collaborazione fra cooperative diverse e tra diverse tipologie di cooperazione. Non avrebbe senso partire da zero. Meglio avvalersi delle specifiche competenze e visto che serviranno servizi diversi – dalla manutenzione alle mense, alla gestione di iniziative culturali – si lavorerà in sinergia e integrando le diverse esperienze. Anche da questo punto di vista questa esperienza richiederà un ulteriore salto di qualità da parte delle imprese sociali», prosegue Zandrini.

Una cordata efficiente
Ed è forse questo l’effetto indiretto ma fondamentale di una iniziativa di questo genere. Mettere in piedi un cantiere sociale così vasto e ambizioso ha costretto i diversi attori a ripensarsi. In maniera dinamica e attenta.Li ha spinti a “mutualizzare i bisogni” per dirla con un’espressione cara a Johnny Dotti, ex presidente di Cgm. Giacché le esigenze del Politecnico (residenze universitarie) sono diventate quelle del sistema consortile e viceversa: il sistema consortile parteciperà alla progettazione architettonica del recupero, facendosi portavoce delle istanze di socialità insite del Marchiondi che sarà. E sarà – c’è da sottolinearlo? – un Marchiondi aperto al quartiere, che contribuirà ad avvicinare Baggio alla metropoli attirando nuovi servizi anche di trasporti urbani.
«Nella logica del cantiere sociale», commenta Zandrini, «ciascuno ha messo a disposizione quel che poteva: la Fondazione Cariplo, il Politecnico, Banca Prossima che è pure partner importante, il sistema consortile con tutte le sue relazioni e soprattutto le cooperative che sono poi quelle che gestiranno la struttura».

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