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Dario, il detenuto che ha deliziato Rimini Ha 42 anni, uscirà nel 2016. Dietro le sbarre ha imparato a fare il pasticciere. E come lui sono in tanti… di Antonietta Nembri

Meeting 2008 Un'iniziativa dedicata al carcere

di Redazione

C’è la coda per “entrare” in carcere. È accaduto al Meeting di Rimini, dove la mostra intitolata Libertà va cercando ch’è sì cara. Vigilando redimere, ha riscosso un interesse aldilà di ogni aspettativa. Il percorso iniziava proprio come in una prigione, dal cancello in metallo sorvegliato da un agente di Polizia penitenziaria con tanto di mazzo di pesanti chiavi. In realtà il suo ruolo è quello di distribuire a ogni visitatore un cartoncino con una fotografia datata 1951 del carcere Due Palazzi di Padova dove su un muro si legge: «Vigilando Redimere». Due parole che rendono esplicito il mandato dell’articolo 27 della Costituzione: la pena deve tendere alla rieducazione della persona detenuta. Alle pareti le testimonianze, le lettere, le foto realizzate nei luoghi di lavoro di Rebibbia a Roma, San Vittore a Milano e, naturalmente del Due Palazzi di Padova. E non ci sono solo testimonianze italiane. C’è quella di Joshua, detenuto a Nashville negli Usa, il cui cammino di conversione al cristianesimo ha preso il via da un brano di don Giussani su una rivista cattolica: «Mi colpì leggere che la Chiesa primitiva non era un posto per gente perfetta». Due le sezioni che più hanno colpito i visitatori: il video con le testimonianze dei detenuti (alcuni erano realmente presenti a Rimini) e la ricostruzione, su scala ridotta, della pasticceria operante nel carcere di Padova e gestita dalla cooperativa Giotto (che fa parte del consorzio Rebus). I detenuti erano lì al lavoro con la maglietta bianca, la scritta azzurra della cooperativa. E non si è trattato di un laboratorio virtuale: i macchinari e i pasticcieri hanno sfornato biscotti, panettoni (tanto che il gastronauta Davide Paolini, presente a Rimini, ha pensato di lanciare il panettone di agosto) e semifreddi alla crema. Lavoro vero, dunque. Dario, 42 anni, sta scontando la sua pena a Como (uscirà nel 2016) ed è uno dei detenuti che lavorano allo stand della mostra: «Dopo tanti anni in carcere, questo è il mio primo confronto con la realtà. E che bella realtà», dice riferendosi all’esperienza riminese. «Ho incrociato lo sguardo di centinaia di persone senza mai incappare in un pregiudizio».

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