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La mia piccola chiesa,per arginare la follia
georgia Parla Giuseppe Pasotto, vescovo a capo della comunità cattolica a Tbilisi
di Redazione

Il suo ruolo in Georgia è davvero spinoso. Un Paese ultranazionalista, con una Chiesa ortodossa timorosa e insieme aggressiva, ossessionata dai cattolici considerati come nemici. Ci vuole coraggio e sapienza per mandare avanti una comunità che sente non il pericolo, ma la sgradevole sensazione di essere considerata un’intrusa. Padre Giuseppe Pasotto è il vescovo di Tbilisi, o vescovo del Caucaso come tutti lo conoscono. Ha 54 anni e un sorriso gentile. Praticamente assume le funzioni di vescovo di Georgia, Armenia ed Azerbajan per i cattolici di rito latino. Lo abbiamo incontrato nella sua casa di Tbilisi.
Vita: Si aspettava questa guerra?
Giuseppe Pasotto: Assolutamente no. Nell’ultimo mese c’era stata qualche incomprensione, ma nulla di fuori dal normale. Qualche giorno prima ero stato nei luoghi del conflitto e non c’era nessun segnale che indicasse un precipitare della situazione. Proprio in quell’occasione ho avuto modo di parlare con il ministro dell’Integrazione georgiano che mi diede l’impressione che la situazione generale stesse migliorando.
Vita: Le è stata riconosciuta recentemente la cittadinanza georgiana. Come vede il Paese fra dieci anni?
Pasotto: Dipende dai legami che la Georgia saprà costruire nel futuro, se riuscirà a riprendere una strada fruttuosa. Rispetto a dieci anni fa però sono più ottimista. Al tempo non si muoveva nulla, poi la direzione intrapresa di recente poteva portare ad uno sviluppo armonico del Paese. Quello che spero è che non venga perso tempo: alcune scelte economiche devono essere prese per dare più forza allo Stato, il tutto in un’ottica di lungo periodo.
Vita: Qual è il ruolo della Chiesa in questo percorso.
Pasotto: La nostra Chiesa è molto piccola e quindi priva di impatto reale sulle decisioni. Credo che la nostra presenza sia significativa perché allarga gli spazi del pensiero: dato che non siamo legati allo Stato ci sentiamo liberi di fare proposte a tutti i soggetti e spesso vengono accolte con favore.
Vita: Cosa pensa di chi evoca Dio sul campo di battaglia? Dio combatte al fianco degli eserciti? (ride? ha capito che mi riferisco al patriarca georgiano)
Pasotto: È naturale che ognuno cerchi la vicinanza e l’appoggio di Dio, specialmente sul campo di battaglia. In fondo si tratta, nel caso dei militari, di persone che si stanno giocando la vita e quindi Dio lo vogliono vicino. Quando invece si tratta di un discorso teologico e di mentalità, siamo di fronte ai grandi peccati della storia in cui Dio viene messo al servizio dei desideri dell’uomo, guerra compresa.
Vita: Arriveranno in Georgia molti aiuti umanitari e molto denaro. Quali pericoli porteranno con sé?
Pasotto: Moltissimi, specialmente quando non c’è coordinamento da parte di chi gestisce questo denaro. La corruzione in Georgia c’è sempre stata e non sparirà in tempi brevi. Presto farò un incontro con la Caritas che si sta occupando degli aiuti e ribadirò che la nostra caratteristica deve essere la calma e la ricerca di coloro che sono esclusi dagli aiuti. Magari non avremo le prime pagine dei giornali perché sarà un lavoro nascosto che nessuno conoscerà, ma sarà più cristiano perché vicino agli ultimi.
Vita: Torniamo alla questione della guerra. Come se la spiega?
Pasotto: Per una mancanza di intelligenza per quanto riguarda l’inizio del conflitto. Ora però siamo in presenza di una occupazione militare che contrasta con le promesse orali e i documenti scritti. L’occupazione russa serve solo a sottolineare che possono fare tutto quel che vogliono.
Vita: Come vede i rapporti tra il patriarca russo e quello georgiano?
Pasotto: Non so? certe volte si vive vicini, tanto, ma si vivono storie fatte di terre e uomini totalmente diversi. Questo porta a un amore che spesso diventa anche odio, costituito da barriere e senza dialogo.
Vita: Come valuta il lavoro dei media in questo conflitto?
Pasotto: Sono davvero scioccato dalle palesi falsità che sono state raccontate. Penso che la politica ormai detti l’informazione. Oppure vi è una professionalità davvero bassa? oppure ancora si tratta semplicemente di una guerra mediatica parallela a quella combattuta con le armi. Ho perso moltissima fiducia.
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