Welfare

Carcere, il braccialetto secondo chi l’ha provato

"Era come una catena da schiavo", spiega uno dei detenuti che nel 2003 aveva provato l'esperimento poi abbandonato dell'allora ministro Bianco. "Faceva passare a me e alla mia famiglia notti insonni"

di Redazione

In tempi di riproposizione del braccialetto elettronico come misura di alleggerimento della capienza delle carceri, arriva una testimonianza di chi tale metodo l’ha già vissuto in passato sulla propria pelle. “Il braccialetto con me non ha funzionato per nulla. Fu una vera tortura tanto che dopo averlo tagliato l’ho buttato nel cassonetto della spazzatura ed ho preferito tornare in carcere”. Cosi’ all’emittente televisiva siciliana ‘Telecolor’ ha parlato Mario Marino, 34 anni, uno dei detenuti che partecipo’ all’esperimento introdotto dall’allora ministro dell’Interno Enzo Bianco.

Marino, nel ricordare la sua esperienza con il braccialetto elettronico ha aggiunto che “era come avere la catena ai piedi degli schiavi, con l’aggravante che suonava ogni 5 minuti anche quando ero in casa. Suonava anche di notte mentre dormivo e non avevo più pace, “ha continuato l’ex detenuto che nel 2003 scontò una pena per rapina, “Gli agenti di polizia arrivavano a casa mia, con il risultato che io e la mia famiglia trascorrevamo la notte insonne”.

”Alla fine ho preso una decisione”, ha concluso Marino, “recidendo il nastro e buttandolo nel cassonetto consapevole che sarei tornato in carcere: almeno lì stavo tranquillo e potevo dormire serenamente. E così è stato”.

 

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