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Brunetta e la riformaper “sentito dire” Sui permessi per i lavoratori con familiari non autosufficienti non esistono dati. Su che base il ministro parla di violazioni? di Riccardo Bianchi

disabili La "strana" stretta contro la 104

di Redazione

Obiettivo giusto, ma mira scarsa. Secondo le associazioni dei disabili il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta non colpisce nel segno quando, parlando delle modifiche alla legge 104/92 sui permessi lavorativi, annuncia «vita dura» per chi abusa delle licenze per assistere un parente diversamente abile. «È un approccio che non condivido», attacca Giovanni Merlo, presidente della Ledha. «Parlare di chi se ne approfitta distrae l’opinione pubblica dal vero problema, cioè che i disabili sono a carico dei familiari per le carenze dello Stato».
La stranezza è che questa volta il ministro si è mosso senza i dati che di solito sbandiera con fierezza. Dati che, fra l’altro, al momento non ha nessuno. Dallo staff di Brunetta, interpellato da Vita, si ammette che alla base ci sarebbero solo alcune segnalazioni, non meglio specificate, e alcuni casi «giunti alle orecchie». Ma precisano che la circolare 8 del 9 settembre serve soltanto a mettere in allerta le pubbliche amministrazioni e assicurano che i numeri arriveranno, così da poter redigere una nuova normativa. Per ora non c’è niente di nuovo rispetto al decreto 112 (il cosiddetto “antifannulloni”). Si spiega che i tre giorni di permesso al mese equivalgono a 18 ore di lavoro, ma solo dove questo è già previsto dal contratto. Ma la preoccupazione delle associazioni riguarda il messaggio lanciato, non l’argomento. «Rappresenta una continuità col passato», afferma Alberto Fontana, presidente della Uildm, «l’ottimizzazione dei costi del sistema non può trovare soluzione a discapito dei disabili, che già soffrono di carenze socio-assistenziali spaventose». Il rischio, quindi, è che un annuncio del genere dia il via a una caccia alle streghe negli uffici pubblici, a scapito di chi dei permessi ne ha davvero bisogno. «Non c’è dubbio che la legge attuale abbia delle carenze», sostiene Carlo Giacobini, responsabile del sito di informazione legislativa Handylex.org, «è poco chiara sul grado di parentela (fino al terzo ndr) e sulla convivenza (basta un’assistenza «continuativa ed esclusiva» ndr). È anche vero che alcuni utilizzano i permessi per saltare i giorni in cui c’è più lavoro, come quelli del rientro, e che i costi delle assenze sono molto alti per la pubblica amministrazione. Ma se si vuole riscrivere la norma, non si può pensare soltanto a uno dei due soggetti in campo. Le famiglie hanno bisogno di quelle ore da dedicare ai propri cari, a volte anche più di quante ne sono concesse». Ma soprattutto sarebbe meglio avere subito dati certi. Non tanto per smentire il ministro, quanto per evitare di discriminare una categoria per “sentito dire”.

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