Mondo

La Cassazione chiarisce lo «scopo di lucro»

di Redazione

L a nota sentenza relativa al mondo delle onlus pronunciata recentemente dalle Sezioni unite, e commentata in questa rubrica sullo scorso numero di Vita , oltre ai rilevanti chiarimenti apportati in via generale sugli scopi solidaristici, ha insistito non poco sul principio generale importante per cui il fine di lucro non riguarda mai direttamente l’organizzazione economica dell’apparato dell’ente, nel senso specificato che non ne rappresenta in alcun misura una conseguenza.
C’è fine di lucro, in via sostanziale, solo quando i risultati economici della gestione vengono distribuiti a partecipanti, aderenti, soci o comunque li si voglia chiamare.
La gestione economica di attività prestate, anche se condotte dalle onlus col pagamento di corrispettivi da parte dei beneficiari (cioè, le controparti di ogni risma), è irrilevante fiscalmente (e anche civilisticamente, in verità) se il netto prodotto è reinvestito o devoluto a titolo unilaterale, neanche necessariamente liberale.
Si ha dunque che una vicenda successiva e del tutto indipendente, cioè la distribuzione dell’utile comunque attuata, anche se portata a termine in tempi successivi alla produzione dei risultati, qualifica il soggetto nei termini più generali e assoluti sul piano del lucro. La tesi “timorosa” ingiustificatamente che qualifica la presenza di corrispettivi – che il fisco, oltretutto, individua sempre con interpretazioni severe e talvolta capziose – come sinonimo di lucratività, non ha quindi il minimo fondamento.
Sarebbe bene sapere che questi assiomi siano recepiti, nella pratica dei soggetti, con ogni larghezza perché essi sono, poi, la base di tutte le più esatte interpretazioni da offrire alla tematica, cominciando da quella che vede perfettamente conciliabile la tenuta di un conto economico, o quella di registri di entrate rilevanti per l’Iva, con l’assenza del fine di lucro.
Un’assenza, quindi, che va cercata solo analizzando il rapporto tra risultati di gestione e base sociale, perfettamente compatibile – sembra un paradosso – con lo svolgimento anche prevalente di operazioni commerciali, data la sua indipendenza, non lo si scordi, dalle qualifiche strettamente fiscali di ente commerciale o “non”.
Alla luce di quanto sopra noi crediamo che se non si eliminano questi frequenti equivoci la tematica resterà inopportunamente, e anche infondatamente, troppo controversa e incerta. Condizione, questa, davvero inopportuna, legalmente e politicamente, per la materia stessa.

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