S ì, occorre ammetterlo: abbiamo la presunzione di avere un progetto educativo e pedagogico. Per noi stessi, che da un numero più o meno consistente di anni, nelle diverse zone d’Italia, ci occupiamo di costruire sistemi di welfare vicini alle esigenze delle comunità; per le migliaia di persone – bambini, giovani, adulti, anziani – che incontriamo ogni giorno nelle case, nelle strade, nelle piazze, nei servizi; per il Paese, oggi impaurito e senza particolari slanci capaci di dare conto di una prospettiva degna di questo nome.
È la funzione educativa, costitutiva della nostra esperienza d’imprese sociali, la via principale che vogliamo continuare a seguire, dentro l’esperienza ormai trentennale di presenza attiva nella società italiana, con la consapevolezza che oggi, per tendere al nostro fine ultimo – il bene comune delle comunità in cui viviamo ed operiamo – è necessaria una visione moderna di welfare capace di garantire al contempo tre cose: l’investimento sulle persone e sulla loro responsabilità, una concezione dei servizi centrata sui criteri dell’accessibilità e della qualità, una visione dell’economia orientata alla coesione sociale delle comunità, quindi allo sviluppo locale.
Persone, servizi, comunità: ingredienti in grado di fare la differenza a patto che riemerga, nel fluire delle nostre vicende quotidiane, personali ed organizzative, la fiducia. Fiducia da coniugare con l’educazione. Perché il vero successo della nostra presenza nei paesi e nelle città è determinato dalla quantità di fiducia che abbiamo saputo generare in quello specifico territorio, nelle persone che lo abitano e perché la fiducia è il motore dello sviluppo economico e sociale dei luoghi in cui viviamo ed operiamo.
In questi giorni, caratterizzati da bufere finanziarie ed emendamenti parlamentari che sulle questioni educative affrontano problemi reali con ipotesi inefficaci, è urgente far prevalere una dimensione in cui prevalga la convinzione che il domani sarà migliore dell’oggi. L’unico modo però è quello di mobilitare energie e attribuire un valore incrementale alle cose che trattiamo, alle persone che incontriamo, alle esperienze che facciamo.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.