Negli anni 90 le ricette ultraliberiste portarono al fallimento. Oggi invece le misure sociali del presidente, stanno rivelandosi preziose per l’economia L a crisi originata dagli Stati Uniti, «l’arteria centrale del capitalismo» ha dichiarato in un recente discorso il presidente brasiliano Lula, prima si è propagata nella Vecchia Europa e in Asia ed oggi comincia a dare non pochi problemi ai Paesi latinoamericani. E non solo alla finanza, basti dire che le Borse sono crollate di oltre il 50% negli ultimi due mesi in tutto il continente, ma anche alla cosiddetta economia reale. In Messico, ad esempio, una risorsa fondamentale come quella delle rimesse degli emigranti è crollata nell’ultimo mese di oltre il 20%, in Brasile i taxi lavorano di meno – «abbiamo avuto un calo del 30% nelle ultime settimane», spiega un autista di San Paolo, mentre in Argentina si torna a parlare di rischio “default”. Per analizzare la situazione del Sudamerica Vita ha intervistato in esclusiva Luis Nassif, il più autorevole e ascoltato commentatore economico brasiliano, vincitore di numerosi premi e direttore dell’agenzia Dinheiro Vivo.
Vita: I media brasiliani criticano molto il modo con cui Lula sta affrontando la crisi, lei è d’accordo in questa opera di “demolizione”?
Luis Nassif: Il Brasile sta prendendo le stesse misure di Gordon Brown in Gran Bretagna, né più né meno. Il problema è che la gran parte dei media qui è anti Lula a prescindere, con posizioni che spesso rasentano il ridicolo, quasi come se la crisi fosse scoppiata a causa del Brasile. Negli anni 90, quando il mio Paese seguiva alla lettera le ricette neoliberali tanto per intenderci, con crisi internazionali 20, 30 volte minori all’attuale – penso ad esempio a quella russa – il sistema Brasile fallì. Oggi, invece, abbiamo superato quasi indenni già la metà di questo tsunami originato dalla crisi dei subprime Usa.
Vita: Ma allora Lula non ha fatto errori?
Nassif: Certo che li ha fatti, ma sono stati tutti errori appoggiati dai media brasiliani. A cominciare dal principale, in realtà commesso nello specifico dalla Bcb, la Banca centrale brasiliana, che ha fatto apprezzare il cambio del real, la nostra moneta, in modo irresponsabile, facendo crollare la competitività delle aziende esportatrici. Ma dal momento che le grandi imprese hanno anche un potere di pressione forte, hanno cominciato a spingere sul governo affinché la Bcb si inventasse operazioni di mercato sul cambio con i futures e gli swap, proponendosi come controparte per garantire lucro speculativo alle imprese che avevano investito in questo mercato di derivati. Un sistema artificiale che solo lo scorso anno è costato 10 miliardi di dollari, tutti soldi finiti direttamente nelle tasche delle imprese che guadagnavano sul mercato finanziario quando il cambio si apprezzava, nonostante le loro esportazioni ne soffrissero.
Vita: Quali le conseguenze della crisi sui poveri e la classe media brasiliana, ovvero sull’economia reale?
Nassif: Per la classe media ci sarà una riduzione dei posti di lavoro. Si tratta di un impatto “preventivo” perché anche se per ora gli indicatori economici delle imprese non sono stati colpiti c’è comunque un aspetto psicologico che fa rivedere, tra i target, anche quelli dei posti di lavoro. Per le classi più povere, invece, le politiche sociali del governo Lula continueranno ad assicurare un buon livello di attività anche per il 2009, l’anno che sarà il più difficile a livello mondiale. Ciò che salverà il Brasile saranno proprio questi interventi pubblici e le politiche compensatorie sociali come la Borsa Familia e la previdenza pubblica, il welfare, che generano un consumo considerevole. Questo flusso garantirà il livello della domanda interna che, in un momento di recessione internazionale, è fondamentale.