Welfare

Il carcere scoppia,bma di volontari

rapporti I dati della Conferenza volontariato giustizia

di Redazione

Presenze su del 6,7%, progetti per il reinserimento, fedeltà all’impegno. Tranne che negli Opg…

V ivace e grintoso: questo è il volontariato penitenziario che emerge dalla VI Rilevazione promossa dalla Conferenza nazionale volontariato giustizia ed elaborato dalla Feo-Fivol con il Dap del ministero della Giustizia.
La paura e l’insicurezza diffuse da tv e giornali non spaventano i volontari che si recano negli istituti di pena. Che, anzi, sono in costante crescita: 8.900 quelli rilevati fino a maggio scorso, con un incremento del 6,7%. Sono persone – si nota nel rapporto – che si recano negli istituti di pena per dare sostegno materiale e morale agli attuali 57mila detenuti; grintosi e vivaci, anche se non giovanissimi (il 44% è nella fascia d’età tra i 46 e i 65 anni), ma soprattutto fedeli (la maggioranza di loro opera da oltre 5 anni in almeno 6 strutture su 10) portano avanti progetti dentro e fuori dal carcere e lottano per mantenere e rafforzare leggi come la Gozzini, che ha rappresentato una svolta nell’ordinamento penitenziario consentendo, attraverso le misure alternative alla detenzione, di abbassare la recidiva al di sotto del 20%, rispetto al 70-80% di chi sconta interamente la pena in carcere. La presenza del terzo settore nelle carceri, inoltre, è sempre più segnata dalla cultura del progetto, sia individuale che collettivo, finalizzato all’inclusione sociale e alla rieducazione attiva.
Resta comunque una certa disomogeneità a livello nazionale, e non si riduce lo storico svantaggio degli istituti dell’area meridionale: a fronte del 45,2% degli istituti, il Sud aggrega il 21% degli operatori non istituzionali (in diminuzione rispetto all’ultima rilevazione che si attestava al 30%). Lombardia, Lazio e Toscana da sole, per esempio, hanno il 47% degli operatori.
Nel rapporto inoltre si conferma lo stato di abbandono di quattro dei sei Ospedali psichiatrici giudiziari. Se i volontari sono piuttosto attivi nelle strutture di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) e di Reggio Emilia (uno ogni 4 internati), lo sono molto meno nei restanti Opg (un volontario per 24 internati) aggravando la condizione di totale esclusione dei detenuti psichiatrici.

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