Non profit
SETTORE PENITENZIARIO. Impiegati civili chiedono nuove norme e garanzie
Continua lo stato di agitazione del personale penitenziario del comparto ministeri
di Redazione
Ad oggi, nonostante il Coordinamento Nazionale Penitenziari della Federazione Intesa, abbia chiesto un incontro con i Ministri Alfano e Brunetta e con i vertici del D.A.P., per illustrare la situazione degli impiegati civili del settore penitenziario, che in centinaia hanno inviato o stanno inviando alle Direzioni Generali del Personale centinaia di domande per chiedere il passaggio alla Polizia Penitenziaria, quale forma di protesta per la grave situazione sia organizzativa che economico-giuridica in cui versano. La soluzione a tale problematica è l’istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di Polizia Penitenziaria. La rivendicazione non è unicamente tesa ad ottenere miglioramenti stipendiali e previdenziali e va fatta nell’interesse pubblico e per meglio adempiere ai compiti istituzionali che sono assegnati al settore penitenziario. L’istituzione dei ruoli tecnici è una riforma necessaria: per la sicurezza, per l’efficacia delle sanzioni penali, per la riduzione dei rischi di recidiva. Il riordino del personale ,che al momento è suddiviso in troppi comparti (dirigenti meduri, dirigenti contrattualizzati, polizia penitenziaria, comparto ministeri, appartenenti all’ex corpo agenti di custodia, consulenti, ecc.) è indispensabile .Ci sono persone che fanno lo stesso lavoro, corrono gli stessi rischi, e hanno trattamenti giuridici ed economici diversificati con gravissime disparità di trattamento. Una semplificazione è nell’interesse dell’amministrazione: per una migliore gestione delle risorse, per la semplificazione dei procedimenti amministrativi, per un miglioramento dell’organizzazione degli uffici e delle relazioni sindacali. La riforma darà maggiori garanzie per tutti corrispondendo anche ad aumento della produttività, miglioramento dei servizi offerti. Efficacia, efficienza ed economicità del sistema: questa è la prima ragione. La seconda è relativa agli aspetti operativi. Il personale civile incontra gli stessi rischi della polizia penitenziaria; gli operatori accedono quotidianamente ai reparti detentivi e sono costantemente a contatto dei detenuti e dei condannati, attendono al trattamento in collaborazione con la polizia, curano l’esecuzione delle misure alternative, effettuano il controllo sul rispetto delle prescrizioni disposte dal Tribunale di sorveglianza e dei Tribunali ordinari in relazione alle sanzioni alternative, sostitutive e ai lavori di pubblica utilità, riferiscono ai magistrati sul comportamento carcerario e forniscono consulenza per l’applicazione delle misure alternative. Svolgono, in sostanza, compiti rilevanti per garantire la sicurezza della collettività al fianco delle forze dell’ordine e alla magistratura. L’attuale ordinamento professionale non è più compatibile con tali funzioni che non possono in alcun modo essere assimilate a quelle degli altri ministeriali. Numerosi sono gli episodi di intimidazione e violenza subiti dagli operatori: basta ricordarsi, solo recentemente, l’attentato intimidatorio in Puglia ad un educatore, l’educatrice del carcere di Volterra picchiata violentemente da un detenuto durante un colloquio, ecc. Molti anni fa un collega educatore è stato ucciso in Lombardia, non dimentichiamolo. Vanno ricordati inoltre i rischi connessi alla salute psico-fisica (burn out) degli operatori: il lavoro è stressante, mal pagato, scarsamente gratificante, e non adeguatamente riconosciuto nella sua importanza. Nei prossimi giorni, se non ci saranno risposte dalla parte politica si adotteranno ulteriori forme di protesta non ultimo lo sciopero.