C ome negli anni 60, i protagonisti dello sviluppo arrivano dal Sud. Diversamente da allora però hanno un permesso di soggiorno e parlano straniero. Secondo i dati di Fondazione Ethnoland, che il 15 gennaio ha presentato a Milano il rapporto 2008 sull’imprenditorialità straniera in Italia, sono 165.114 gli immigrati titolari di un’azienda nel nostro Paese. A stupire è soprattutto il trend di crescita. Rispetto al 2003, le imprese etniche sono triplicate. E crescono ad un ritmo di 20mila l’anno (mentre l’indice di incremento delle pmi nostrane è rimasto al palo). In media, una pmi ogni 33 è gestita da un immigrato. La crescita interessa tutt’Italia e non solo il Nord. Certo, Milano e Roma contano rispettivamente 17mila e 15mila imprese etniche ma in regioni come Calabria, Sicilia e Sardegna il tasso d’imprenditorialità straniera ha raggiunto quello italiano (ci sono tra i 2mila e i 4mila titolari di aziende per regione). Gli investimenti stranieri sono concentrati in pochissimi settori: 8 imprese su 10 si occupano di edilizia o servizi alla persona. Preponderante anche il settore del commercio dove i nordafricani la fanno da padroni. Nota dolente: il solito divario di genere. Solo un sesto delle imprese etniche è diretto da una donna. (D.V.)
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