Non profit

il welfare made in Moratti

Milano Lanciata dopo due anni di incubazione la fondazione per affrontare i bisogni sociali

di Redazione

Il nome è promettente: Fondazione per il Welfare ambrosiano. Ma dietro le buone intenzioni di Comune, Provincia, Camera di commercio e sindacati manca un piano organizzato. Il non profit? Per ora assente «ma il dialogo è aperto», promette l’assessore Moioli U no strumento per far fronte all’area grigia del bisogno. In questi termini (se volete, un po’ generici) è stata caratterizzata la Fondazione per il Welfare ambrosiano presentata nei giorni scorsi dal sindaco Letizia Moratti e dagli altri soggetti promotori (i tre sindacati unitari meneghini, Cgil Cisl e Uil, la Provincia e la Camera di commercio). Otto milioni di euro (due li mette Palazzo Marino) per allestire un sistema di ammortizzatori sociali per tutti coloro che lavorano a Milano, immigrati (regolari) compresi. Difficile prevedere se saranno sufficienti. «La fascia del disagio può aumentare, anche in conseguenza della crisi. L’abbiamo pensata circa due anni fa, ma la fondazione comincia a lavorare ora, in una situazione economica molto delicata», ammette Mariolina Moioli, assessore comunale a Famiglia, scuola e politiche sociali.
In effetti sulla carta l’ambizione è enorme: le attività avranno carattere sussidiario, innovativo e non assistenziale e saranno rivolte a contrastare difficoltà transitorie per le quali non esistano forme di assistenza pubblica o privata (né si esclude la costituzione di fondi di carattere mutualistico, con riferimento alla cura e all’assistenza). Dal momento che sono inclusi i lavoratori a tempo indeterminato così come i flessibili e gli atipici, il bacino potenziale è veramente sconfinato. Oltretutto comprende anche le persone che prestano la propria opera, ma non risiedono a Milano: «Le risorse messe a disposizione dal sindacato provengono dalla contrattazione decentrata e quindi devono riguardare tutti i lavoratori», spiega Moioli.
Per far fronte alle diverse necessità – legate a redditi non sufficienti, alla riduzione del lavoro, a imprevisti o incidenti – si è pensato di ricorrere a fondi di garanzia e al microcredito. Nessuno dei soggetti fondatori però è specializzato in microfinanza, che pure ha le sue regole (tanto più stringenti se si intende aprire alla possibilità di chiedere mutui). «Immagino», prosegue l’assessore, «che la fondazione si rivolgerà a quanti operano in questo ambito, in Italia e non solo. Normalmente sono prestiti che vanno dagli 8mila ai 15mila euro. Non grandi cifre, ma vanno gestite bene per dare opportunità reali a persone prive dei requisiti d’accesso al credito tradizionale. Quindi rivolgersi a operatori specializzati mi sembrerebbe una scelta di buon senso. La funzione politico-amministrativa si caratterizza proprio per la sua capacità di far tesoro di quello che la società civile e i corpi intermedi propongono».
Qui, in effetti, il punto. Ed è un po’ dolente: è proprio la società civile la grande assente in una operazione importante ma che dà l’impressione di essere stata pensata e realizzata all’interno del Palazzo. Ad esempio non ha, per ora, alcun rapporto con il terzo settore milanese, il che può sembrare strano in quella che è, giustamente, considerata la capitale della solidarietà. «La fondazione parte così ma non è chiusa, anzi. È chiaro che sono partite per prime le istituzioni, ma pure è ovvio che la relazione con il terzo settore è fondamentale. Si fa un passaggio alla volta, certamente il non profit è un interlocutore importante», chiosa Moioli. A quel passo penserà (si spera) il consiglio d’amministrazione alla cui composizione si sta adesso lavorando. Al quale spetterà anche di mettere a punto modalità operative in nome dell’efficacia e della rapidità.

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