Welfare

Eppure questa era un’esperienza modello

Parla Cono Galipò, a capo della cooperativa che gestisce il Cpa

di Redazione

«Lo hanno riconosciuto gli esperti dell’Onu». Ora
l’emergenza è dovuta all’aumento della permanenza media:
si è passati dai 4/7 giorni canonici a un mese. «Ma questo non dipende da noi»«Una gestione modello». C’è chi la pensa così dell’operato di Lampedusa accoglienza, consorzio di cooperative che ha in appalto tutti i servizi del Cpa di Lampedusa. «Di certo non di questi tempi, con il sovraffollamento a livelli record. Ma che il nostro operato sia di ottimo livello non lo diciamo noi: lo afferma l’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni», ribadisce a Vita Cono Galipò, amministratore delegato del consorzio e vicepresidente di Sisifo, cooperativa sociale di Palermo che, assieme all’omologa Blu coop, è parte di Lampedusa accoglienza e lavora nel centro di permanenza dell’isola siciliana dal primo giugno 2007.
Il riferimento di Galipò è alle dichiarazioni di Peter Schatzer, capo missione dell’Oim in Italia, che il 25 gennaio in un convegno a New York sui flussi migratori ha definito il centro un «modello per altri Paesi». E pensare che all’inizio la partecipazione delle due coop all’appalto (poi vinto) da 5 milioni di euro in due anni per la gestione del Cpa aveva provocato malumori tra gli operatori del sociale, anche all’interno di Legacoop, a cui le due cooperative siciliane sono associate.
«La scelta di entrare nel Cpa di Lampedusa era nata da una scommessa ben precisa: rendere vivibile la permanenza dei migranti nella struttura», riprende Galipò, «una scommessa vinta, perché in quasi due anni di lavoro non ci sono stati grossi problemi né lamentele». Ma in cosa consiste questa gestione esemplare? «Nell’umanizzare il più possibile il centro. Cosa che avviene grazie a un organico ben preparato. In tutto lavorano cento persone: due direttori e vicedirettori, che si alternano per garantire una presenza giornaliera sull’isola, due medici, due infermieri, tre psicologi, un assistente sociale. Il resto sono addetti alla manutenzione e alle varie necessità dei migranti». Ad esempio, fornire vestiario («l’intimo ogni due giorni, la tuta ogni settimana: tutti indumenti sempre nuovi, ci costa meno che lavarli»), schede telefoniche, sigarette, «ma anche organizzare attività culturali, e accompagnare i migranti per uscite temporanee dal centro, che devono essere sempre pre-richieste e motivate. Naturalmente con l’emergenza dell’ultimo periodo la qualità del servizio è venuta meno».
A fronte di 850 posti previsti, si è arrivati infatti a 1.300 presenze. «È stata dura per tutti. Abbiamo dovuto aggiungere brande sia nelle stanze, che di solito sono da 12 posti, sia nei luoghi comuni», spiega Galipò, «e 200 persone sono state sistemate nella struttura voluta dal governo per creare il futuro Cie (Centro di identificazione ed espulsione), che ha aperto il 20 gennaio: può contenere fino a 300 persone e ci è stato dato in gestione direttamente dal ministro Maroni». Ma la scorsa estate si era arrivati anche a 2mila presenze, senza nessuna “rivolta” come l’uscita di massa di sabato 24 gennaio. «Allora il problema era la moltiplicazione degli sbarchi. Oggi il numero degli arrivi è sempre alto», continua Galipò, «ma il vero problema è l’aumento della permanenza media di queste persone: dai 4-7 giorni canonici si è passati a 30». La spiegazione? «Di certo c’è una maggiore difficoltà di smistamento nei Cpt della penisola», aggiunge, «ma registriamo che, in particolare nei riguardi dei tunisini, la gran parte delle presenze attuali, il governo ha scelto di non volerli trasferire con la tempistica usuale».
Il capo di Lampedusa accoglienza, comunque, ha un chiodo fisso: «Che l’emergenza finisca, per riportare la qualità della vita a buoni livelli». A maggio 2009 il mandato biennale scade. Ci sarà un nuovo appalto. «Parteciperemo, sperando che l’esperienza maturata ci premi».

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