Welfare

Comunità sempre più accoglienti

I giovani affidati alle residenze socio-educative in alternativa al carcere hanno superato quota duemila. Anche se i problemi non mancano

di Redazione

Sempre più ragazzi fuori dal carcere poco dopo aver commesso un reato. Con il beneplacito del ministero della Giustizia. L’ennesima grave lacuna delle leggi italiane? «Tutt’altro. Siamo di fronte a un sistema che funziona sempre meglio: quello che fa scontare la pena ai ragazzi nelle comunità d’accoglienza anziché negli istituti penali minorili», spiega la sociologa Marina Camonico. Parole confermate dagli ultimi dati che il Cnca – Coordinamento nazionale comunità d’accoglienza ha elaborato da fonti ministeriali e raccolto in una ricerca curata dalla stessa sociologa: se nel 2001 erano 1.339 i ragazzi affidati alle comunità socio-educative residenziali, nel 2007 il numero è salito a 2.055, con un incremento del 35%.
«Il forte aumento è dovuto al fatto che, oggi più che mai, l’inserimento in comunità viene visto dagli organi giudiziari come un’alternativa credibile al carcere», spiega Camonico.«Al suo arrivo, il ragazzo, che ha in media 16-17 anni, trova un ambiente accogliente, operatori preparati e una quotidianità positiva che giova al suo reinserimento molto più che la mera detenzione». È proprio Ragazzi “fuori” il titolo della ricerca che, oltre ad elaborare i dati ministeriali, ha intervistato 25 operatori di altrettante comunità di otto regioni italiane. «”Fuori” dal carcere, ma con un progetto rieducativo personalizzato che può durare da pochi mesi a due anni», continua la sociologa, «e che spesso convince i ragazzi a rimanere, piuttosto che cercare di fuggire». Le fughe dalla comunità sono infatti da sempre il primo problema, «ma tutti gli operatori concordano nel vedere una costante diminuzione, nonostante avvengano ancora oggi nel 36% dei casi». In particolare, scappa dalla comunità un italiano su quattro (il 27%) e quasi uno straniero su due (il 45%). Gli immigrati poi sono «più difficili da rintracciare perché, in assenza di reti familiari, lasciano meno tracce».
Oggi la quota dei minori stranieri accolti in comunità è altro soprattutto al Nord e al Centro (59 e 55% rispettivamente), mentre cala bruscamente al Sud (8%). Ma la ricerca svela un’altra criticità più immediata da risolvere: «Nonostante l’aumento riscontrato, c’è ancora diffidenza, da parte delle comunità, ad accogliere adolescenti con reati penali alle spalle, considerati poco gestibili», rivela Camonico, «ma è un timore che va superato». Un’indicazione che va nella direzione intrapresa dal Cnca: «Il punto di partenza è che i minorenni in carcere non dovrebbero proprio stare», sottolinea Liviana Marelli, coordinatrice del Gruppo minori del Cnca, «in questo senso, prendere in carico una ragazza o un ragazzo significa coinvolgerli in un percorso educativo che mette al centro la loro persona, non il reato che hanno commesso».

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