Mondo

Tra le tavole lombarde cercando la Cassoeula

di Redazione

Quelle verze appallottolate negli orti privati delle case, unico segno in questa stagione fredda, hanno una sola destinazione in Lombardia: la cassoeula. E proprio le ultime rimaste cadono nel periodo di quei due mesi freddi in cui in tutta Italia, per tradizione, si ammazza il maiale. Non c’è altro piatto che identifichi la Lombardia a tavola come questo: da Milano che ne ha fatto la “denominazione comunale”, alla Brianza, fino alla provincia di Pavia dove il maiale lascia il posto all’oca e qui prende il nome di ragò. Così la fanno all’Osteria Guallina e alla trattoria del Cuuc, entrambe di Mortara. E forse è questo il piatto che Matteo Scibilia, oste a Ornago, all’Osteria della Buona Condotta (uscite a Cavenago e dopo due chilometri siete da lui) ha usato per stupire il ministro Bondi che da un paio di settimane lo ha nominato consulente enogastronomico per il ministero alla Cultura. Il suo piatto porta il nome di bottaggio d’oca. E si gusta con la Bonarda. Ma in Brianza, come registra puntualmente Marco Gatti, autore della GuidaCriticaGolosa alla Lombardia, è arrivato ad aprire le sue cucine Gilberto Farina, titolare del ristorante La Piana che fa una cassoeula con due C: casseoula con carne di maiale e cassoeula con carne d’oca. Da bere persino – e perché no? – con lo Champagne.
Tra le preferite di quest’anno, che hanno raggiunto il prototipo della mia memoria (la cassoeula della signora Sacco, mamma del mio amico Daniele), ci sono quella del ristorante Agostino Campari di Abbiategrasso e quella sontuosa, trionfante, del Monsignore, nella sua Altra Isola in via Porro 8 a Milano. Lui, Gianni Borelli, insieme al titolare del ristorante Alfredo Gran San Bernardo a Milano, sono gli eredi della cucina di Alfredo Valli, mitico cuoco in Milano, amico di Giuan Brera, che a suon di mondeghili e di cassoeula organizzava la “pacciada” con gli amici. E si beveva un calice (macché un calice, una bottiglia intera!) di Barbacarlo del cavalier Maga Lino in Broni. E questa sì che è vita!

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