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«Afghanistan, zona pericolo»

Il ministro La Russa: «All'esame una attenta verifica delle effettive condizioni di sicurezza in cui si pone il personale civile delle ong. Ma ciò non vuol dire, come è stato esageratamente affermato, che non vi è la possibilità di permanenza»

di Redazione

In Afghanistan, «è attualmente all’esame una attenta verifica delle effettive condizioni di sicurezza in cui si pone il personale civile delle ong. L’avviso che è stato dato è di osservare la massima prudenza, confermando che le condizioni di sicurezza non sono tali da far stare tranquilli. Ma ciò non vuol dire, come è stato esageratamente affermato, che non vi è la possibilità di permanenza; anche se stiamo monitorando con molta attenzione l’effettiva situazione». È quanto chiarisce il ministro della Difesa, Ignazio La Russa rispondendo in Parlamento a un’interrogazione del gruppo Pd nell’ambito del ‘question time’.

Nei giorni scorsi, come ampiamente anticipato da Vita (clicca qui), il mondo delle ong che operano in Afghanistan avevano denunciato forti pressioni affinché lasciassero il paese.  Tanto che Nino Sergi, segretario generale di Intersos, ha scritto al ministro degli Esteri Frattini ribadendo che «non esiste solo la dimensione militare» e che sarebbe stato gradito «come è successo nel passato, un confronto serio e approfondito con le istituzioni degli Esteri e della Difesa, dal quale tutti avremmo potuto trarre grande beneficio».

Il ministro La Russa ha poi parlato della situazione sul campo: «il numero di attacchi subito dalle Forze armate italiane è aumentato di molto, rispetto allo scorso anno. Sono tutti attacchi isolati, nel senso che si tratta o di esplosioni o di quelli che comunemente vengono chiamati kamikaze e che io preferisco chiamare attentati suicidi». Dunque, «non si tratta di attacchi organici; il che dimostra», spiega il ministro della Difesa, «che vi è più una disperazione da parte dell’insorgenza, piuttosto che una maggiore capacità  aggressiva. Questo non vuol dire che non sia aumentata la pericolosità: da sempre c’è stata una forte pericolosità nell’operare in Afghanistan, come dimostrano gli attentati che si sono via via susseguiti negli anni a danno degli italiani ma che prima venivano non nascosti ma un po’ sottaciuti. Io ho ritenuto di renderli assolutamente trasparenti, dicendo che da sempre, più di una volta, è  stato necessario usare la forza giusta per combattere l’insorgenza e le azioni terroristiche».

La Russa dichiara poi che «la strategia che perseguiamo è  di dare sempre più corpo ai tre momenti che riguardano la sicurezza, la ricostruzione, l’uso della forza. Noi sosteniamo che non debbano essere tre momenti distinti, ma che devono sommarsi e che, ove possibile, debbano svolgersi attività indirizzate a tutti e tre i segmenti di quella che può e deve essere una strategia. Il contributo italiano sta nella capacità dimostrata di saper unire, accanto alla forza giusta da usare, anche la forte capacità di contatto con la società civile e una grande volontà di ricostruzione».

Il Partito democratico non si ritiene soddisfatto delle risposte del ministro: «In Afghanistan sono peggiorate le condizioni di sicurezza, è’ aumentata la diffidenza della popolazione e gli attacchi dell’insorgenza anche contro la missione italiana, come oggi il ministro Ignazio La Russa ha ammesso ma dal nostro governo sentiamo solo valutazione approssimative e poco chiare sul futuro», attaccala capogruppo del Pd in commissione Difesa, Rosa Villecco Calipari. «Il peggioramento delle condizioni complessive», ha spiegato la deputata del Pd Federica Mogherini illustrando il testo dell’interrogazione a risposta immediata, «è confermato anche dall’invito da parte della nostra ambasciata a Kabul affinché le ong presenti in Afghanistan lascino il paese a causa del pericoloso deterioramento delle condizioni sul terreno».

«A fronte di dati così preoccupanti e mentre si prospetta in varie sedi internazionali e all’interno della stessa Nato la convinzione che in Afghanistan non sia possibile una mera soluzione militare, se non affiancata da una chiara strategia politica e diplomatica, chiediamo che il governo italiano si assuma la responsabilità davanti al parlamento e al paese di fornire un quadro della situazione più dettagliato e di chiarire», conclude Calipari, «il futuro della nostra missione».

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