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Martini: l’uomo ha perso il desiderio

di Redazione

Carlo Maria Martini ha compiuto da poco 82 anni. Oggi vive appartato in una casa dei gesuiti a Gallarate. Ma continua a pensare, a scrivere e a gettare sguardi paterni sull’uomo contemporaneo. Un libro recente (Incontro al Signore risorto, San Paolo, 16 euro) propone un’antologia di questi che non sono prediche, ma appunto innanzitutto sguardi. In questa pagina Martini affronta il tema della disperata autoreferenzialità dell’uomo di oggi.

Il desiderio del bene, che è l’anima della moralità, non riuscendo ad aprirsi ad una concezione del bene ultimo e definitivo che sappia rinnovare e correggere il desiderio stesso, rimane in balìa dei moti istintivi, dello sperimentalismo superficiale e inquieto, della tendenza ad accontentarsi di ciò che soddisfa in modo immediato e disimpegnato.
Insomma, il desiderio è senza nerbo interiore, senza struttura solida, senza figura unitaria. Lo constatano con grande preoccupazione soprattutto coloro che vogliono dedicarsi seriamente all’educazione dei giovani: spesso parecchi giovani danno l’impressione di non sapere che cosa vogliono, passano da un’esperienza all’altra e vengono facilmente catturati da chi propone soddisfazioni più facili e risultati immediati. L’uomo dovrebbe avere il coraggio di andare alla radice di questa ambiguità. Dovrebbe allora metter in discussione il presupposto da cui sono scaturite queste conseguenze: cioè la volontà di attirare tutto a sé. L’uomo di oggi deve disintossicarsi dalla suggestione contagiosa di essere il centro, orgoglioso o disperato di tutto.

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