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DARFUR. La vita oltre il conflitto: un libro di Coopi

Le foto di Roberto Goglio, capo progetto Coopi nel Sudan occidentale, raccontano la quotidianità nella regione sudanese

di Redazione

Da anni la parola Darfur è inevitabilmente associata a quella di guerra. E questo binomio si è riproposto di recente, con i nuovi raid aerei nella regione occidentale del Sudan, con il mandato d’arresto per crimini di guerra e contro l’umanità per il presidente sudanese Omar el Beshir. Ma in questa zona, teatro di un conflitto che ha portato alla distruzione di centinaia di villaggi e all’uccisione di migliaia di persone, la vita va avanti, nonostante tutto. Coopi – Cooperazione internazionale, che dal 2004 opera nella regione con progetti di emergenza, ha deciso di descrivere la quotidianità di uomini, donne e bambini in un libro fotografico: “Darfur, un’oasi di umanità nel deserto dimenticato”. Le foto di Roberto Goglio, capo progetto Coopi nel Sudan occidentale, raccontano “immagini cui non appartengono guerra e abbandono”, anche se devono affrontarli ogni giorno.

Oggi il photobook sarà presentato a Milano, in una conferenza che sarà anche l’occasione per raccontare la situazione in Sudan dopo l’incriminazione del presidente sudanese da parte della Corte penale internazionale e le difficoltà che la cooperazione internazionale incontra (Multicenter Mondatori via Marghera 28, Milano ore 18.30 – Parteciperanno Riccardo Barlaam del Sole 24 ore, Valentina Zita – responsabile Coopi per il Sudan, Roberto Goglio – Capo progetto Coopi in Darfur).

COOPI – Cooperazione Internazionale è un’organizzazione non governativa laica e indipendente, presente in 25 paesi con oltre 150 progetti di sviluppo ed emergenza. Coopi è operativa in Darfur dal 2004. Nel corso del 2008, con il sostegno finanziario dell’agenzia europea ECHO (Servizio Umanitario della Commissione Europea), ha realizzato un progetto di sicurezza alimentare nel Nord Darfur: attraverso una campagna di vaccinazioni per gli animali, corsi di agricoltura, distribuzione di semi, attrezzi agricoli e piccoli ruminanti e il recupero di bacini per la raccolta dell’acqua piovana ha contribuito a migliorare la situazione di circa 13.000 famiglie che vivono in zone rurali, sfollati interni e rifugiati.

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