Egregio direttore, sono un semplice avvocato che segue da anni il dibattito sul fenomeno migratorio in Italia. Dico innanzitutto una cosa scontatissima: il fenomeno migratorio in Italia ha assunto un carattere strutturale, al punto che si può affermare senza paura di essere smentiti che l’Italia è e sarà ancora di più nei prossimi anni una società multietnica. Ciò che però non è affatto scontato è che di fronte a questo fatto si possono assumere posizioni diverse: c’è chi lo ignora, chi lo tollera, chi lo osteggia e così via. La mia sensazione è che, nel dibattito attuale sull’immigrazione, non si riesce ad individuare quell’elemento elementare da cui poi trarre le necessarie conseguenze di analisi e di risposte, anche sul piano legislativo. La questione che mi sembra ignorata non solo da chi oggi governa il nostro Paese ma anche, e questo è un dato preoccupante, dalla società civile: l’immigrazione è un fatto umano, cioè ha come protagonisti uomini concreti, ognuno con la sua storia, la sua cultura, la sua tradizione. Affermare che l’immigrazione è fatta di uomini concreti vuol dire innanzitutto che il terreno su cui confrontarsi, immaginare percorsi di integrazione, anche politiche legislative o sociali è quello di una sorgiva elementare esperienza che tutti accomuna, qualunque sia la nazionalità, la religione, l’etnia di appartenenza: tale esperienza è l’esperienza del vivere, dell’essere uomini: prima delle differenze, anzi ciò che precede le differenze e che rende possibile alle stesse di incontrarsi ed accogliersi è il fatto di essere uomini, di avere un cuore che desidera la felicità, un cuore che è capace anche di compiere il male. Purtroppo il cuore dell’uomo è capace di compiere anche il male; il male, anche nelle sue espressioni più violente e vergognose (penso anche agli stupri) non è mai esclusiva di alcune etnie o popoli. Perciò, è vergognoso e irragionevole affermare, come ha fatto pochi giorni fa un senatore leghista, che i rumeni venuti in Italia hanno “infestato” le nostre strade.
Un’ultima osservazione. Vedo attorno al mondo dell’immigrazione tanti soggetti anche positivi: i sindacati, i patronati, l’associazionismo cattolico, ma vedo in loro anche tanta miopia. Alludo al fatto che non si riesce ad andare al di là dell’assistenzialismo o dell’offerta di servizi. La vera questione da sollevare è che i cittadini stranieri e le loro associazioni vanno aiutati a conquistare una loro soggettività culturale, sociale e politica: il concetto di cittadinanza attiva presuppone che siano loro in prima persona a combattere la battaglia perché venga riconosciuta la loro dignità umana. È questa la vera battaglia culturale e politica: l’emancipazione da un “regime di tutela”.
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