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IRAQ. Amnesty: fermare le condanne a morte

L'organizzazione ha chiesto l'intervento del ministro della Giustizia per fermare 128 sentenze capitali

di Redazione

Amnesty International ha sollecitato l’immediato intervento del ministro della Giustizia iracheno per fermare l’esecuzione di 128 condanne a morte che, secondo informazioni ricevute dall’organizzazione per i diritti umani, potrebbero aver luogo al ritmo di 20 a settimana, a partire dalla prossima.

«Nel 2004 il governo iracheno dichiaro’ che la reintroduzione della pena di morte avrebbe stroncato la violenza in tutto il paese. In realtà, questa e’ continuata e la pena capitale ha dimostrato ancora una volta di non costituire alcun deterrente» ha dichiarato Malcolm Smart, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
«Tra l’altro, molti attacchi vengono compiuti da attentatori suicidi nei
confronti dei quali, evidentemente, il rischio dell’esecuzione non ha
alcun potere dissuasivo».

Il 9 marzo il Consiglio supremo giudiziario ha informato Amnesty International che il Consiglio di presidenza (composto dal presidente e dai due vicepresidenti) ha ratificato le condanne a morte di 128 prigionieri, le cui sentenze erano state gia’ confermate dalla Corte di cassazione. Le autorita’ hanno annunciato l’intenzione di eseguire le condanne a morte al ritmo di 20 a settimana.

Le stesse autorita’ non hanno rivelato l’identita’ delle 128 persone,
alimentando il timore che molte di esse possano essere state condannate a morte al termine di processi non in linea con le norme internazionali.
Nella maggior parte dei casi, con ogni probabilita’, le condanne sono
state inflitte dalla Corte penale centrale irachena, per reati quali omicidio e rapimento di persona, sulla base di confessioni estorte con la tortura durante il periodo di detenzione preventiva. Le forze di sicurezza irachene ricorrono sovente alla tortura ma la Corte non indaga adeguatamente, o non indaga affatto, sulle denunce dei detenuti, Le procedure seguite dalla Corte risultano ampiamente al di sotto degli standard internazionali sui processi equi.

«Il traballante sistema giudiziario iracheno non e’ semplicemente in grado di garantire l’equita’ nei processi per crimini ordinari, tanto meno in quelli per reati punibili con la pena di morte. Temiamo che in questi anni molte persone siano state messe a morte al termine di processi iniqui» ha commentato Smart. «L’Iraq continua a essere colpito da alti livelli di violenza politica ma la pena di morte non e’ affatto una risposta a questa situazione e anzi, a causa del suo effetto brutalizzante, puo’ renderla ancora peggiore. Il governo iracheno deve sospendere immediatamente le 128 esecuzioni e istituire una moratoria sulla pena capitale».

Amnesty International chiede alle autorita’ irachene di rendere pubbliche tutte le informazioni sui 128 prigionieri a rischio di esecuzione, tra cui il nome completo, i dettagli sulle accuse, la data dell’arresto, del processo e dell’appello e l’attuale luogo di detenzione.

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