Marco Risi è uno dei cineasti italiani che più si è occupato di Sud: Mery per sempre, Ragazzi fuori. Ora è nelle sale il suo Fortapàsc. Un film rigoroso e ben diretto che ci riporta al 1985, quando Giancarlo Siani, giornalista de Il mattino, venne ucciso per le sue inchieste sulla camorra.
Vita: La legalità è sempre il tema centrale.
Risi: Mentre stavo girando il film, a Napoli, ogni tanto vedevo fuochi d’artificio rapidissimi. Pensavo fosse una cosa carina, invece erano il segnale che lì c’era lo spaccio.
Vita: Sorprese positive?
Risi: Persone straordinarie. Tonino Palmese, un prete di Libera. Con don Ciotti abbiamo presentato il film nel carcere minorile di Nisida. In sala c’erano i ragazzi che avevano ucciso e quelli che avevano avuto i parenti ammazzati.
Vita: I giovani sono le prime vittime.
Risi: Ci anche sono quelli che cercano di rimanere. Spesso si illudono. Fanno qualche manifestazione, tollerati dai criminali. Ma dopo si torna alla normalità.
Vita: Non si rischia che si rafforzino i pregiudizi sul Sud?
Risi: Il Sud dovrebbe essere interessante per il Sud. Ma è il Sud il problema del Sud. Dunque, al Sud non interessano le tematiche sul Sud e al Nord tantomeno. Al di là dell’argomento di cui si parla, anche se un film è buono e bello, non interessa. C’è troppa assuefazione. Ci si è abituati a convivere con quella realtà. Ci si è adeguati invece di cercare di cambiare le cose, perché ormai fanno parte del dna.
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