Welfare

Uscire per un permesso e trovarsi senza letto

di Redazione

Se esci per un permesso resti senza branda
Cronache dal sovraffollamento. Nel reparto femminile di Santa Maria Capua Vetere, in celle costruite per contenere al massimo tre persone trovano ospitalità dieci detenute. Ma ormai la situazione è talmente esplosiva che può capitare di rientrare in carcere da un permesso premio di due giorni e trovarsi senza branda, come è successo a Daniele Barosco: «Nella mia cella tutti i miei vestiti e ricordi erano finiti in due sacchi neri, il mio materasso era stato spostato in magazzino e la branda aveva ospitato un nuovo giunto. Questo è stato il rientro dal mio permesso premio, trovarmi nella condizione in cui a uno vengono sottratti anche i quattro residui di vita e di dignità che gli restano».
Che pena per gli omicidi colposi?
Il Rapporto della Commissione per la sicurezza stradale globale invita la comunità internazionale ad investire, nel decennio 2010-2020, 300 milioni di dollari per prevenire le conseguenze degli incidenti stradali. Ma per ora più che prevenzione nel nostro Paese si vede il consueto inasprimento delle pene, fino a 15 anni per omicidio colposo. Ci sono alternative? Un detenuto, Gianluca C., ne propone una: «Avendo in passato praticato la professione medica in un Pronto soccorso, ho incontrato autori di omicidio per un incidente stradale e mi sono convinto che difficilmente ragazzi rei di aver provocato la morte di una persona con un comportamento irresponsabile possono comprendere la portata della loro condotta stando in carcere. Una pena adeguata potrebbe essere l’obbligo di prestare servizio in una Unità di Pronto soccorso».

Figli di detenuti, spesso lasciati soli
Non ci si occupa abbastanza dei figli di detenuti, forse non si capisce che investire su di loro significa lavorare per la sicurezza della società. Il rischio è che finiscano a loro volta in carcere, come succede al 30% di loro. Ecco cosa scrive Corrado su Spiragli, rivista dell’Opg di Montelupo Fiorentino: «La mia infanzia è caratterizzata da continui spostamenti da un istituto all’altro e dalla mancanza di affetto. I miei genitori erano sempre dentro e fuori dal carcere e ogni volta che questo accadeva per me si aprivano le porte di un nuovo incubo».

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