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UNIVERSITA’. Il 3+2 sotto la lente di Almalaurea
A otto anni dalla riforma universitaria un'indagine che scopre luci e ombre
di Redazione
«Fra i quasi 190.000 laureati AlmaLaurea del 2008, usciti da 49 università
(che rappresentano i 2/3 dei laureati italiani), l’87 per cento ha concluso
uno dei corsi di laurea avviati – dal 2001 – con la riforma universitaria. Fra questi laureati circa 110.000 hanno concluso un corso di primo livello e
più di 50.000 hanno ultimato un corso di secondo livello», afferma Andrea Cammelli, direttore di Almalurea.
«Dunque una rappresentazione a macchia di leopardo, declinata più sul ruolo
delle facoltà e dei gruppi di corsi di laurea che di ogni singolo ateneo e, in questa sintesi, riguardante i laureati di primo livello, quelli specialistici e specialisti a ciclo unico».
I Laureati nel 2001 erano 172mila, quelli nel 2008 (post-riforma) sono stati 293mila
Fra i neodottori del 2008, la laurea è entrata per la prima volta nelle
famiglie di 72 laureati su cento.
L’età media alla laurea è di 26 anni (nel 2001 era 28), con ampie differenziazioni per aree disciplinari. L’età media alla laurea infatti è più bassa per i laureati 2008 in ingegneria e dei gruppi linguistico e geo-biologico (24,5 anni); l’età massima è raggiunta dai laureati del gruppo insegnamento e delle professioni sanitarie (28 anni), dove peraltro un maggior numero di laureati coniuga lo studio con il lavoro e dove è più alta l’età all’immatricolazione.
Il dato complessivo risente dell’età all’immatricolazione dei laureati che è cresciuta con l’introduzione della riforma. Nel 2008 il 21% si è iscritto con più di due anni di ritardo rispetto all’età canonica di 19 anni (di questi il 7,8% si è iscritto con oltre 10 anni di ritardo!). Il divario, fra gruppi di corsi di laurea, è rilevante e varia fra il 47 per cento dei laureati nelle professioni sanitarie e il 34,5 del gruppo insegnamento, come si era anticipato, e meno del 6 per cento fra i laureati in ingegneria.
«I dati – ha dichiarato il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca Mariastella Gelmini alla presentazione della ricerca- dimostrano che l’università italiana ha bisogno di un profondo rinnovamento. Per questo è urgente una riforma che rilanci il sistema e la sua qualità. Credo sia indispensabile che le
università pubblichino i risultati del loro lavoro e della loro didattica per poter misurare la competitività del sistema».
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