Dopo il pluripremiato Madri, Barbara Cupisti è tornata al lavoro con Vietato sognare. Si parla sempre di conflitto arabo-israeliano, ma stavolta attraverso gli occhi di ex soldati ed ex miliziani che hanno lasciato le armi e oggi cercano insieme una soluzione alla guerra.
C’è molto in comune con «Madri»?
Certo, è un po’ un seguito. Questi giovani potrebbero essere i figli di quelle donne, ma per fortuna non sono ancora morti.
Com’è la vita di questi ragazzi?
È dura. La società israeliana ti cresce dicendoti di essere un soldato. Elik ha visto morire la sorella e tutti gli dicevano che doveva vendicarsi. Ma lui non sentiva sua questa guerra. Per i palestinesi, invece, non c’è altro da fare; è una scelta quasi obbligata.
Lasciare tutto e cambiare: uno sforzo possibile?
La violenza è diffusa e comune in quelle zone. Passare un check point è quasi naturale. Perciò lavorare sulla nonviolenza è un passo enorme. Loro lo stanno facendo con la loro ong di pace. E in Israele chi diserta può anche finire in carcere.
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