Welfare

LEGGE SICUREZZA. Cnvg: “E’ una resa dei diritti”

Lo afferma Elisabetta Laganà, presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia. Ecco le ragioni dei volontari penitenziari

di Redazione

La Cnvg, Conferenza nazionale volontariato giustizia, esprime un forte parere negativo nei confronti del cosiddetto Pacchetto sicurezza, divenuto Legge dopo il voto in Senato di giovedì scorso 2 luglio. Vita.it pubblica il comunicato scritto da Elisabetta laganà, presidente della Cnvg e di Seac, Coordinamenti di enti e associaizoni di volontariato penitenziario.

 

L’ennesimo colpo sui diritti è stato sferrato dall’approvazione del pacchetto sicurezza. Ancora una volta la politica si dimostra sorda ai richiami della Chiesa e di tutte le associazioni ed organizzazioni, quotidianamente impegnate in questi settori, che sulla base delle loro quotidiane esperienze si sono attivate per dimostrarne la crudeltà e l’insensatezza dei contenuti della nuova legge. Associazioni che, anche nei prossimi giorni, continueranno con voce forte a ribadirne i contenuti di negazione della democrazia per alcune fasce di persone: voci trattate come echi lontani, metabolizzate nel tritacarne di una politica cieca e sorda alle forme di rappresentatività democratica espressa dalla cittadinanza. Voci neutralizzate nella loro testimonianza di resistenza, oppure utilizzate solo in circostanze di opportunità.

Questa ennesima mossa segna un punto ulteriore verso la quotidiana ingiustizia a danno dei soggetti più deboli, frutto di un populismo penale che promuove il “diritto minimo” per i ricchi e un “diritto repressivo” per  poveri ed emarginati, con l’aggravante delle leggi razziste. Si tratta  dell’ulteriore  passaggio di una giustizia penale, totalmente scollegata dai mutamenti della fenomenologia criminale, che attraverso misure draconiane alimenta una ideologia dell’esclusione. Si difendono, nel contempo, i forti e si criminalizzano i poveri ottenendo l’obiettivo di una carcerizzazione di massa della povertà. È sempre più evidente il disegno di architettura politica della paura, e c’è da chiedersi quali ulteriori mali usciranno dal vaso di Pandora di questa produzione di leggi.

Ora, che cosa si può tentare di ricostruire in questo cumulo di macerie?
Nel cumulo di macerie prodotto da una legislazione che tracima corpi e condizioni umane andrebbero costruite nuove dimore, cioè una diversa vivibilità e tolleranza, e queste dimore dovrebbero essere realizzate a partire dalle fondamenta, partendo da dove ciascuno di noi è e dalle cose che fa.  Esiste una dimensione dell’impegno sociale,  della vita di relazione,  che non solo non andrebbe esclusa dalle leggi, come ora avviene, ma anzi è da questa che le leggi dovrebbero partire: si tratta di sostenere la dimensione dell’incontro, della verifica dello sguardo, della necessità di non sottrarsi alle difficoltà, alla fatica, all’imbarazzo, al lutto, al dolore, che le persone che incontriamo ed il mondo reale ci impongono costantemente, che le storie e le persone ci raccontano e ci mostrano, storie e persone che le leggi, anziché tutelare,  paiono eludere.
Esistono, soprattutto, dei diritti costituzionalmente dichiarati.
È impossibile non ravvisare una forma di schizofrenia nelle strategie adottate. Si vuole convincere di costruire un mondo più sicuro utilizzando il carcere che, ormai tutti sappiamo, produce infinitamente  più recidive di quante ne producano  le forme di pene alternative.
Sono discorsi talmente ovvi e scontati che ormai ci si vergogna a farli, e non è facile trovare operatore istituzionale o volontario che non sia disposto a sostenerne la credibilità. È da quando esiste il carcere che si parla di riforma carceraria.

Viene allora spontaneo richiamarsi allo scritto di Franco Basaglia, “Crimini di pace”. Nel campo specifico della reclusione, dal tempo della nave dei folli, che, secondo la leggenda medievale, vagava per i mari e i fiumi con il suo carico abnorme e indesiderato, la scienza e la civiltà non pare siano riuscite ad offrire che un ancoraggio più pesante a queste isole di esclusione, anziché diminuirne la portata dell’ormeggio. Possiamo fare qualche ovvia previsione sul disastro annunciato. Quanti suicidi nelle carceri e nei CIE, sovraffollati in condizioni disumane e disperanti, produrrà questa politica? Come verranno tutelate le condizioni di vita di questi soggetti in condizioni di fortissima penuria degli operatori degli istituti, già sovraccaricati al limite delle condizioni lavorative? Nei primi cinque mesi dell’anno nelle carceri italiane sono avvenuti 28 suicidi (dati Ristretti Orizzonti ), il numero più alto registrato (nel periodo gennaio – maggio) dal  2002. La condizione, già praticamente ingestibile, sarà in brevissimo tempo al collasso delle condizioni della civiltà. Le attuali condizioni di sovraffollamento esigerebbero la rapida approvazione di almeno una parte delle proposte comprese nel progetto di Riforma Pisapia o di avviare rapidamente una riflessione con tutte le istituzioni interessate per verificare la possibilità di anticipare alcune linee di riforma del sistema penale che siano in grado di superare l’attuale centralità della pena detentiva come unica risposta dell’ordinamento ad ogni forma di devianza. Bisognerebbe procedere nella direzione di un ampliamento del ventaglio delle sanzioni principali, affiancando alla tradizionale pena detentiva un nuovo catalogo di sanzioni non detentive, irrogate direttamente dal giudice del processo, da gestire all’interno della comunità sociale, quali la messa alla prova (caratteristica della giustizia penale dei minori), l’applicazione della detenzione solo come extrema ratio, per l’elevato numero di persone sottoposte alla misura cautelare della custodia in carcere, l’ampliamento della sperimentazione avviata con il progetto DAPPrima, rivolto ad evitare l’inserimento in carcere di persone tossicodipendenti, arrestate nella flagranza di reato.
La linea della segregazione sta tracciando confini sempre più vasti, nella quantità e qualità delle sue espressioni e manifestazioni. L’impietosa fotografia della realtà carceraria evidenzia drammaticamente il contrasto tra l’affermazione dell’art. 27 della Costituzione e  la realtà così come si manifesta negli istituti. Come Conferenza Nazionale Volontariato della Giustizia auspichiamo che l’indignazione emotiva per questi provvedimenti del pacchetto sicurezza coaguli tutte le forze che politiche e sociali affinché sia ribadito il valore e la garanzia dei diritti fondamentali per qualsiasi uomo, a qualunque circostanza o situazione sia soggetto, perché la salvaguardia dei diritti dei soggetti deboli è il metro di giudizio dell’effettiva salvaguardia  dei diritti di ciascuno.

Vuoi accedere all'archivio di VITA?

Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.