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Il grande rilancio di Paolo VI

Luigino Bruni

di Redazione

«A oltre quarant’anni dalla pubblicazione dell’Enciclica, intendo rendere omaggio e tributare onore alla memoria del grande Pontefice Paolo VI, riprendendo i suoi insegnamenti sullo sviluppo umano integrale e collocandomi nel percorso da essi tracciato, per attualizzarli nell’ora presente».

Per Luigino Bruni la novità dell’Enciclica sta nelle date. «Sino ad oggi i documenti sociali della Chiesa sono stati scanditi sugli anniversari della Rerum Novarum. La Centesimus annus, per esempio venne scritta da Giovanni Paolo II a 90 anni dall’Enciclica di Leone XIII. Oggi papa Ratzinger ci dice che c’è un altro momento fondativo: è la Populorum Progressio di Paolo VI». Spiegata ai comuni mortali, dove sta la novità? «Sta nel fatto che rientrano i grandi temi che avevano mosso 42 anni fa papa Montini. Erano gli anni dell’inquietudine, della contestazione, della teologia della liberazione. Paolo VI raccolse quell’ansia di giustizia nel concetto che lo sviluppo è il nome nuovo della pace». E oggi? «Oggi dovremmo verificare quale delle speranze di Paolo VI si sono realizzate. Per questo Benedetto XVI rilancia alcune questioni ancora irrisolte e cruciali, come quella di una governance mondiale». Nel suo discorso sembra di scorgere un superamento della posizione di Giovanni Paolo II… «Un po’ è così, ma si deve tener conto di come sono cambiati i tempi. La Centesimus annus celebrava la caduta del Muro e auspicava che le dinamiche della libertà economica portassero a una crescita dei Paesi dell’Est. Per questo impresa e mercato erano vissuti come grandi valori. Invece papa Benedetto scrive quest’Enciclica rimettendosi in una posizione critica nei confronti del capitalismo come nella Populorum progressio». Quindi rimette il mercato in riga… «In un certo senso sì. Ma anche una rivalorizzazione, perché dice che anche il dono può stare dentro la dinamica del mercato».

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