Welfare
Ombre cinesi sullo schermo
Riflessioni tra passato e futuro dentro un nido di un reparto maternità
di Redazione
L’arrivo di un italiano con gli occhi a mandorla
mi fa viaggiare con l’immaginazione all’Oriente
che ho conosciuto attraverso il cinemadi Ouissal Mejri
È sabato sera, sono le due di notte. Mi trovo nel corridoio dell’ospedale, buttata su un divano. La lucina rossa si accende per indicare la nascita di un nuovo bambino. Mi alzo d’impatto e mi metto di fronte alla vetrata trasparente che mi divide dalla sala dei neonati. Eccolo il mio nuovo nipote che arriva! Guardando attentamente mi rendo conto che invece è un bimbo di origine cinese. Sapevo di alcuni cinesi laureati da tanti anni all’università e anche della loro immigrazione attempata e mi sono chiesta se il bimbo fosse di seconda o terza generazione. Il dubbio mi avvince. Incuriosita dalla cultura orientale, che è ampia e senza confini, mi è sempre sembrato che la mia conoscenza a riguardo doveva essere amplificata sia nell’ambito delle relazioni umane che in quello culturale. Chiudo gli occhi e con un flashback mentale, una musica stravolgente mi incanta: quella del film In the Mood for love diretto da Wong Kar-Wai nel 2000. Un film che è stato premiato al festival di Cannes per la migliore interpretazione maschile di Tony Leung Chiu-Wai e che a mio avviso è un capolavoro del cinema. Con questo film e con 2046 del medesimo regista, ho imparato a capire, tramite la lentezza dei movimenti, i colori, la diversità del cibo nelle diverse stagioni, la colonna sonora emozionante e sorprendente, i cambiamenti delle relazioni sociali nella vita dei cinesi. Il cinema cinese è poco conosciuto in Italia rispetto a Paesi come la Francia e la Gran Bretagna, dove i film escono non solo perché le comunità cinesi di quei Paesi sono assai più numerose e organizzate di quelle italiane, ma perché le rispettive industrie cinematografiche puntano molto sulle coproduzioni con i mercati occidentali.
Riaprendo gli occhi, sempre nella stessa posizione sul divano con una luce neon, intravedo la sagoma di una persona: il giovane papà del neonato cinese è davanti a me che mi tende una bottiglietta di acqua naturale. Con questo gesto un piccolo passo di conoscenza è stato fatto tra due culture che procedono su due binari paralleli. L’attesa è ancora lunga. L’Oriente è un mistero. Meno male che lo studio sul teatro e sul cinema mi ha portata alla lettura dei codici enigmatici del teatro No e del cinema giapponese, partendo da Akira Kurosawa con il suo capolavoro I sette samurai del 1954 passando dal cinema di Kenti Mizoguchi con Saikaku Ichidai Onna nel 1952 con il quale vinse il Leone d’argento. Mikio Naruse con il suo film Floating Clouds del 1955 e Keisuke Kinoshita Immortal Love del 1961.
Ovviamente non mancherò di trasmettere a mio nipote le esperienze e le conoscenze acquisite guardando questi film. Sono convinta che non sarà sottoposto a test d’intelligenza, come lo è stato magari per gli italiani la prima volta arrivati in America, come viene rappresentato nella scena del film Nuovomondo di Emanuele Crialese con l’attrice Charlotte Gainsburg, dove il doganiere americano riferendosi agli immigrati siciliani afferma:«Non vogliamo che i nostri cittadini si mescolino con le persone meno intelligenti». Questo film ha vinto il Leone d’argento a Venezia nel 2006. Un’altra ora ancora mi separa dalla conoscenza del mio più piccolo grande amore, mio nipote Alessandro, che per la cronaca è nato ed è sano come un pesce. E che sarà un attore protagonista del film realista del futuro di un Italia multietnica.
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