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Tanti parroci stranieri. I più sono tornati a casa
Parla il vescovo Giuseppe Molinari: «Una situazione drammatica»
di Redazione

«Stiamo cercando di riorganizzare le comunità. Per ogni tendopoli c’è un sacerdote o un responsabile. Io prego perché le scosse smettano»«C’erano 146 parrocchie, con 110 preti. La metà stranieri. Come può immaginare, molti hanno chiesto di tornare a casa». Ha l’aria triste e preoccupata Giuseppe Molinari, vescovo dell’Aquila. Oggi vive in un convento di suore ad Avezzano. Ma durante il giorno è a L’Aquila, dove riceve in un ufficio messo a disposizione da una famiglia.
Vita: Un problema grande questo dei preti?
Giuseppe Molinari: Sì, stiamo cercando di capire come si riorganizzerà la comunità. Io cerco di stare vicino a queste comunità cristiane che sono disperse, celebrando i sacramenti, cresime e battesimi. Abbiamo dato vita ad un quindicinale diocesano per ritessere i fili della comunità e fare in modo che arrivino le indicazioni pastorali. Riprenderemo gli incontri del clero che prima erano mensili. Ho incontrato anche i religiosi che sono rimasti. Ad esempio i Salesiani che hanno un’attività di oratorio in questa zona. Ma anche i religiosi sono purtroppo pochi, cerchiamo di fare il possibile per non lasciare nessuno senza assistenza religiosa e aiutare la gente ad uscire fuori dalle tende. Comunque per ogni tendopoli abbiamo nominato un sacerdote o un responsabile.
Vita: Monsignore, girando tra i campi e in città siamo stati testimoni di una situazione pesante. Si vive come sospesi tra ciò che non c’è più e in attesa di quel che sarà…
Molinari: Nonostante la situazione davvero difficile, a me sembra che gli aquilani stiano “tenendo”, la mia è gente semplice con valori sani. Ma a lungo andare, non c’è dubbio, le famiglie “disgregate” si sfaldano, la vita in tenda logora e divide. C’è la grande difficoltà che il nostro gregge è oggi disperso nelle tendopoli e negli altri centri sino alla costa. Ma se posso, confessarglielo, io continuo a pregare perchè smettano le scosse.
Vita: E la Chiesa cosa può fare?
Molinari: Io cerco soprattutto di essere presente, ogni giorno. Vado in giro nelle parrocchie e nelle tendopoli. L’importante ora è che noi si stia molto vicini al nostro popolo. Con gli aiuti della Cei e del Papa oltre a sostenere chi più ha bisogno vorremmo sistemare le chiese poco danneggiate, poi bisognerà pensare a qualche struttura religiosa vicino ai villaggi del progetto C.a.s.e. o nelle zone che si andranno popolando.
Vita: Cosa si augura dopo 120 giorni dal sisma?
Molinari: Mi auguro che, oltre allo Stato e la Protezione civile, facciano la loro parte anche gli enti locali. Sarebbe triste che nel momento in cui lo Stato si farà da parte i nostri enti locali latitino. Certo, gli enti locali vanno coinvolti e non messi da parte, ma l’esperienza mi dice che troppe volte i nostri enti locali non sono così efficienti. E se questo riaccadrà, potrebbe essere una sciagiura nella sciagura. Occorre molto discernimento e saggezza affinché non si creino ingiustizie in questa fase.
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