Non profit

Conscious parties. Così ci si diverte nella nuova Londra

Nella capitale Uk il boom dei rave a carattere sociale

di Redazione

Musica, luci psichedeliche, night culture. E la voglia di essere protagonisti di un mondo più giusto. Feste consapevoli: sono l’ultima tendenza nella metropoli sostenibile LiquidElf mi aspetta sotto il grande arco di pietra. Quando pronuncia il mio nome, il buttafuori mi lascia passare. Bastano pochi passi nel tunnel per trovarsi catapultati al di là dello specchio, come Alice: elfi, fate dalle antenne fosforescenti, figure con volti di tigre o elefante mi accerchiano. Una musica magica pulsa nella pancia della caverna, luci iridescenti rimbalzano nel buio. Con fatica, ricordo a me stessa dove sono e come ci sono arrivata. LiquidElf non è un elfo, anche se ne ha tutte le sembianze, ma Sam Birch, un dj di Luminopolis, la più grande organizzazione di rave parties di Londra; e questa non è una vera caverna ma il seOne, uno dei club più suggestivi della città, ricavato nei tunnel dismessi della London Bridge Station. Io sono qui per caso. Per caso ho conosciuto Sam, e per caso ho accennato al mio interesse per la scena psy-trance. «Sei nel posto giusto», ha detto. «Stasera inauguriamo la nuova era di “Conscious Parties”, non puoi mancare».
Così, eccomi qui. Non ho idea di cosa siano i Conscious Parties, ma non ci metto molto a capirlo: il risveglio di una diversa consapevolezza. C’è la musica, prima di tutto, la trance, quella più raffinata e meno assordate, per capirci: un piccolo passo in accordo col proprio battito sanguigno, la mente si accende di immagini, la sintonia con gli altri si estende. Ci sono gli effetti di luce, che si allargano come ragnatele sulle pareti, fantasmagorici, eterei, già nel futuro. E poi la gente; colorata, creativa, in totale libertà espressiva. E ci sono video, con messaggi di cambiamento, di una vita più consapevole. In una stanza, creature mascherate sedute per terra ascoltano una conferenza sul riscaldamento globale. In un’altra è in corso un workshop di disegno. Ovunque, piccoli stand di ong, cibo bio e prodotti equosolidali.
È un vero festival alternativo, come Glastonsbury o l’Isle of Wight, l’aria che si respira però non è quella di un semplice rave: la connotazione psichedelica è forte ma la gente non sembra affatto stordita da sostanze allucinogene. Che l’idea di un mondo diverso sia la droga più potente? Che una vita sostenibile possa anche essere spudoratamente colorata, libera, multiforme? Che sentirsi parte del cambiamento sia più eccitante dell’extasy?
La serata mi ha avvinta e, nei giorni successivi, decido di saperne di più sui Conscious Parties. Mi metto a studiare. E scopro che si tratta di un movimento sotterraneo nato negli anni ’70 e giunto indisturbato fino ad oggi: dapprima spontaneo, poi più strutturato con l’avvento di Megatripolis, la prima corrente a combinare l’ideologia New Age con i rave parties; tra i nomi, ricorre quello di Fraser Clark, il visionario fondatore della Encyclopaedia Psychedelica e della Parallel University (una forma di “educazione spontanea” basata sull’idea di offrire, duranti i raves, anche occasioni di istruzione con incontri e conferenze).
C’è un elemento camaleontico in tutto questo; appena afferri qualcosa i nomi mutano, la gente si sposta su altri progetti. Finché, inaspettatamente, la trama si ricompone e ha il volto di alcune persone: in parte ex leader del movimento, in parte vengono da mondi differenti, ma tutti hanno attinto ai raves per inventare qualcosa di totalmente nuovo. Così, mi rendo conto: i parties sono solo la porta d’entrata, l’ingresso di un mondo ben più vasto. Sono in atto nuovi trends e persone eccezionali dell’underground londinese hanno colto il potenziale per portarlo a chi ne è normalmente escluso. Che sia questa la vera rivoluzione?

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