L’educazione si spiega con una metafora, quella del saper navigare in un grande mare impetuoso, secondo Mauro Magatti. Il preside della facoltà di Sociologia alla Cattolica affronterà ad Educa un tema delicato: la sofferenza e la morte.
Vita: Partiamo dal “navigare”. Come e per andare dove, professore?
Mauro Magatti: Dobbiamo essere bravi timonieri nel mare di oggi, perché il nostro mondo contemporaneo è un universo più potente di noi come singoli, caratterizzato da un’infinità di stimoli, interazioni, opportunità. Dentro questa realtà il saper tenere una rotta e non cedere alla tentazione della deriva è fondamentale. Ci porta a costruirci come persone. E questa costruzione è condizione di libertà.
Vita: Con le nuove generazioni sembra di dover insegnare a persone che sanno già tutto.
Magatti: Ci troviamo a insegnare a persone che hanno la presunzione di sapere tutto. Disturbi come la fatica di concentrazione e il rifiuto dell’autorità sono infatti molto diffusi tra i giovani. Bisognerebbe educarli alla pazienza di imparare.
Vita: Ma a volte sono gli adulti che non hanno la pazienza di educare. Alla sofferenza e alla morte, ad esempio.
Magatti: Viviamo in un’epoca nichilistica dove si esprime una volontà di potenza nietzschiana, con il culto dell’espressione di sé. In questo caso la morte e la sofferenza vengono rimosse, sia perché il sistema sanitario-ospedaliero ormai ci toglie un’esperienza diretta della morte, sia perché la sofferenza viene sfidata, nella presunzione di poterla combattere e debellare. La volontà di potenza si dà senza limiti, eppure un punto fondamentale dell’educazione è proprio quello di parlare e sperimentare la fine, perché ci struttura all’interno della realtà, ci fa tenere saldamente i piedi a terra.
Vita: Come si traduce questo nel rapporto quotidiano con i bambini?
Magatti: Nel non assecondare questa diffusa spinta al superomismo. Nel parlare della sofferenza, nell’affrontarla nel quotidiano senza negarla.
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