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La pasta più buona d’Italia? Io l’ho assaggiata

di Redazione

Ho trovato una pasta davvero speciale. Be’, di paste ne assaggio tante, da quando ho iniziato a scrivere Il Golosario, che annovera i migliori pastifici italiani. Ma questa di Vicidomini mi mancava. Me la sono così fatta inviare, nei suoi formati generosi e poi, pranzo dopo pranzo, ho iniziato a cucinarla. Che dire? Tiene benissimo al dente, ha il sapore del grano, raccoglie i sughi in maniera spettacolare. Me l’ha consigliata Francesco Fortunato che a Noli gestisce il ristorante Scaletta. E mi ha detto che i migliori ristoranti partenopei tengono quella pasta, che si produce al suo paese, Castel San Giorgio (Salerno).
Non so se questa pasta è presente alla festa dei Primi d’Italia che si tiene a Foligno dal 24 al 27 settembre, per l’undicesimo anno consecutivo. Ci sono io, però, curioso di riassaggiare la pasta abruzzese di Verrigni di Roseto degli Abruzzi che ha realizzato un prototipo trafilato in oro anziché in bronzo. L’ho assaggiata con il sugo di tagamaccio preparato dal cuoco del ristorante Bastiglia di Spello e sono rimasto colpito. Ai Primi d’Italia c’è questa insieme a tante altre novità, tutte all’insegna del primo, che è il simbolo dell’Italia nel mondo. Vittorio Castellani, meglio conosciuto come Chef Kumalè, venerdì tiene una lezione-degustazione sul cous cous, un altro primo d’Italia, mentre il risotto si assaggia nelle taverne del Veneto (vialone nano) e del Piemonte (carnaroli). Quest’anno Foligno anima una vera festa di piazza, dove bisogna esserci, così come merita segnare in agenda una fiera a Bologna, ad aprile, dedicata interamente alla pasta. Si chiamerà Pasta Trend, e già le adesioni sono arrivate da ogni parte per essere nell’ombelico d’Italia a parlare di un simbolo che è quasi una malattia. Io stesso ne sono affetto: dopo cinque giorni in Francia il primo istinto, varcato il confine, è stato un piatto di pasta fumante. Non chiedo molto: i maccheroni di Vicidomini cosparsi di pepe e di robiola di capra stagionatissima. E giacché son qui, berrò un Gamay Triolet di Introd. Ma la pasta italiana merita anche uno Champagne!

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