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Orhan Pamuk di nuovo querelabile

La Suprema Corte d'Appello ha stabilito che è un diritto citare chi offenda la nazione

di Redazione

Non c’è pace per il Nobel per la Letteratura 2006. Come una secchiata d’acqua gelida è arrivata oggi la pronuncia della Suprema Corte d’Appello turca: Orhan Pamuk potrà essere querelato da qualunque connazionale si senta offeso dalle sue dichiarazioni.
La decisione odierna è l’ultimo tassello di una lunga battaglia legale: nel giugno 2006 un tribunale di prima istanza a Istanbul aveva respinto le querele sporte nei confronti di Pamuk, accusato di vilipendio alla nazione. Non si doveva procedere perchè i querelanti non potevano rappresentare l’intero Paese. Pomo della discordia, un’intervista rilasciata dallo scrittore nel 2005 a una rivista svizzera: «Noi turchi abbiamo ucciso 30.000 curdi ed un milione di armeni e nessuno, tranne me, osa parlarne in Turchia». Una dichiarazione che scatenò immediatamente pesanti polemiche in Turchia. Sei turchi, familiari di soldati uccisi dal Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan), citarono Pamuk per danni morali, chiedendo un risarcimento danni di circa 30.000 dollari.
Poi a gennaio 2008 la Cassazione ribalta la sentenza che scagionava Pamuk, stabilendo che «il sentimento di appartenenza a una nazione è un diritto che deve essere protetto e una dichiarazione che lede l’intera nazione dà all’individuo il diritto di sporgere querela contro di essa».
Dopo la delibera di oggi, Pamuk potrà essere di nuovo processato e – se riconosciuto colpevole – sarà tenuto a pagare il risarcimento ai querelanti. Risarcimento che potrebbe lievitare velocemente, dato che in teoria ogni cittadino turco può citare per danni morali chiunque faccia dichiarazioni ritenute infamanti per la Turchia.

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