Non profit

Lodo, Berlusconi va alla guerra

Alta tensione dopo la bocciatura della Consulta. Così i giornali raccontano una giornata carica di tensione

di Redazione

La legge che sospendeva i processi per le quattro più alte cariche dello Stato viene dichiarata incostituzionale. E il premier reagisce attaccando giudici, opposizione e anche il Quirinale.

  • La rassegna stampa si occupa anche di:

 

“No al Lodo, crisi fra Berlusconi e Napolitano” è il titolo di apertura del CORRIERE DELLA SERA di stamattina. I servizi all’interno vanno pa pag 2 a pag 11. Dalla prima partomo due pezzi. L’editoriale di Massimo Franco (“I danni di un conflitto”) e la ricostruzione del voto dei giudici firmata da Giovanni Bianconi (“Il no dei cinque giudici nominati dal Quirinale”). Scrive Franco: «Per quanto tormentata e contestata, la decisione della Corte costituzionale ha avuto il merito della chiarezza. Forse troppa, perché Silvio Berlusconi potesse incassare un verdetto di illegittimità del «Lodo Alfano» senza reagire. I suoi giudizi liquidatori e irrispettosi sulla Consulta «di sinistra » e sul presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, tacciato di essere di parte, non hanno nulla di emotivo né di estemporaneo. Il capo del governo ha deciso di contrapporre la propria legittimazione elettorale a quelle istituzioni che, nella sua ottica, lo delegittimano senza avere dietro «il popolo». Si tratta di una sfida al rialzo, figlia di un azzardo calcolato… Il paradosso di un leader consacrato dal voto popolare e a rischio di logoramento per una sentenza che gli riapre le porte dei tribunali è destinato a pesare sul futuro politico dell’Italia. L’eco internazionale, spesso malevola, che circonda la saga berlusconiana, promette di crescere fino a diventare assordante. Ma se vengono lette correttamente, le sconfitte si possono gestire. Il presidente del Consiglio rimane l’unico punto di equilibrio non solo della maggioranza, ma del sistema. Non c’è traccia di un’opposizione in grado di candidarsi alla guida del Paese. E nel governo c’è piena consapevolezza che i rapporti di forza saranno verificati alle Regionali del 2010; e d’accordo con Berlusconi, non contro di lui.». Questi invece i passaggi più significativi del retroscena di Bianconi: «Qualcuno nella minoranza di chi voleva salvare la norma, almeno nella parte che sospendeva il processo milanese a carico di Silvio Berlusconi per la presunta corruzione dell’avvocato Mills, ha provato a proporre le cosiddette «soluzioni intermedie»: sancire l’incostituzionalità ma sanandola con una sentenza che lasciasse intatta la parte che più interessava il governo e la maggioranza che lo sostiene. Non ce l’ha fatta, e nemmeno ha insistito più di tanto. Ha capito in fretta, dopo la decisa introduzione del relatore Gallo, che le sue argomentazioni erano troppo deboli rispetto al «macigno» già individuato dalla maggioranza dei giudici: una legge illegittima due volte, nella forma e nella sostanza. Perché doveva essere costituzionale e non ordinaria; e perché il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge è uno di quei capisaldi che per essere intaccato ha bisogno di tali giustificazioni, filtri e controfiltri (com’era ad esempio la vecchia immunità parlamentare abrogata nel ’93) che forse il Lodo Alfano non sarebbe andato bene nemmeno nella veste di una riforma della Costituzione… e voci che filtrano dalla riservatezza che avvolge il palazzo della Consulta parlano di una votazione finita 9 a 6 in favore della bocciatura, ma qualcuno ipotizza un scarto addirittura maggiore, 10 a 5 o anche di più. Circolano liste di nomi coi voti espressi, verosimili ma senza certezze. Nell’elenco di chi avrebbe voluto mantenere in vita la legge ci sono i tre giudici votati dal Parlamento e indicati dal centrodestra (Frigo, Mazzella e Napolitano) più due o tre eletti dalle alte magistrature. Tutti gli altri si sono detti contrari (compresi i cinque nominati dal capo dello Stato e il presidente della Corte Amirante, che nel 2004 aveva steso le motivazioni della bocciatura del Lodo Schifani), al termine di una camera di consiglio dai toni rimasti sempre pacati e tutto sommato sereni». Dopo la ricostruzione di Bianconi alle pagine 3 e 5 il CORRIERE dà fiato allo scontro Berlusconi («Consulta di sinistra») – Napolitano, che ribatte: fedele alla Carta. A pag si dà conto invece dell’”Intesa anti urne tra Lega e Fini”, mentre Bossi a pag 8 “Chiama la gente in piazza: «non si sfida l’ira dei popoli»”, mentre Di Pietro è l’unico nell’opposizione a chiedere la testa del Cavaliere: “L’idv: ora dimissioni. Il Pd è contrario e difende il Colle”. Infine alle pag 10 e 11 focus sugli scenari futuri: “Due processi scongelati. Ma senza rischi”, mentre Vaccarella, legale della Fininvest, già membro della Consulta, che dice: “Ridicolo se la Corte cambia idea in base a chi la compone”.

“La Consulta boccia il Lodo Alfano”: oltre al titolo in prima, LA REPUBBLICA dedica 7 pagine al no della Corte. Si parte con la cronaca della giornata di ieri – alle 17.30 il verdetto (un braccio di ferro finito 9 a 6 a favore del no) – e si prosegue con il retroscena. Berlusconi era convinto che la firma di Napolitano potesse costituire una garanzia. Illusione, stante la nostra Costituzione. Ma tant’è. Si è arrabbiato, ha spinto Alfano a mettergli le dimissioni sul tavolo e poi è andato di fronte alle telecamere a denunciare il solito complotto di tutti contro di lui. In serata è intervenuto a Porta a porta e a Matrix (dove ha detto che la sentenza della Consulta porta la firma della Cir). Dal punto di vista istituzionale, grande imbarazzo di Fini che, continuando a sostenere il premier, gli aveva pur chiesto di tenere un basso profilo. Diversa la scelta di Berlusconi: andare a testa bassa contro tutti e puntare all’ordalia, cioè a un referendum a suo favore. L’occasione sarebbero le prossime elezioni regionali. Di fronte all’attacco («il presidente si sa da che parte sta») il Quirinale ha ribadito: «dalla parte della Costituzione». Un pezzo in apparenza di costume rende conto dei rapporti con il Vaticano: “E alla mostra il premier vede Bertone «Eminenza, ecco san Silvio da Arcore»”. Non si può dire gli manchi il senso dell’humour… Certo però Berlusconi non ha mostrato molta pazienza dovendo visitare, a palazzo Venezia, la mostra Il potere e la grazia essendo costretto a sentire per di più il richiamo del cardinale a seguire l’esempio dei santi per diventare onesti cittadini… «Lasciare che il sospirato incontro tra Berlusconi e il cardinal Bertone avvenisse subito dopo la sentenza… e per di più infliggere al Cavaliere un’ora buona di virtù salvifiche e visioni edificanti, mentre di fuori accadeva di tutto, ecco è stato davvero, più che uno scherzo da prete, un sublime esercizio di sadismo bianco, sia pure per santi scopi», scrive Filippo Ceccarelli. Tra le reazioni, le minacce di Bossi (il popolo in piazza), la richiesta di andare al voto dell’Idv e il no alle elezioni del Pd. Si segnala l’intervista a Italo Bocchino, vicepresidente Pdl della Camera: “Dissento però rispetto la Corte, fermiamo il tutti-contro-tutti”. Lo scontro istituzionale non serve a nessuno, argomenta Bocchino, Berlusconi ha il dovere di andare avanti. Ma occorre serenità istituzionale… L’editoriale è del direttore Ezio Mauro: “La forza della democrazia”. Non usa mezzi termini: di fronte al no, «il presidente del Consiglio dà fuoco alla Civitas e al sistema dei poteri che la regola, travolgendo nelle sue accuse la Corte, la magistratura e persino il capo dello Stato. Un gesto certo di disperazione, ma anche la prova dell’instabilità istituzionale di questo leader che nessuna prova di governo, nessun picchetto d’onore, nessun vertice internazionale è riuscito a trasformare, quindici anni dopo, in uomo di Stato». Berlusconi, terrorizzato dai giudici e dal suo passato…

 Il SOLE24ORE continua a lanciare con Stefano Folli il suo messaggio di «niente panico». Nell’editoriale intitolato “Silvio Berlusconi, il giorno più lungo” Folli-pompiere avverte che un eventuale «conflitto istituzionale» avrebbe «conseguenze molto gravi» e quindi «l’immediato interesse del paese richiede i diversi soggetti politici e istituzionali la capacità di agire per tenere sotto controllo la situazione». Come? La maggioranza – primo – ha il «diritto di governare», quindi per Folli niente elezioni anticipate. Secondo, sebbene Berlusconi sia «un uomo ferito», resta solo una strada: il realismo, «la volontà di ridurre le tensioni, anziché esasperarle. La coalizione di centrodestra (…) non può rinunciare a offrire di sè l’immagine di forza tranquilla, proprio ciò che è venuto meno in questi giorni». Conclusione: «La strada di Berlusconi si fa impervia, ma non ci sono alternative immediate» se si vuole evitare «il danno estremo: la contrapposizione tra istituzioni democratiche e popolo».

IL GIORNALE della famiglia Berlusconi commenta con un “Meno male che Silvio non molla” la bocciatura al LODO ALFANO avvenuta ad opera della Corte Costituzionale ieri. Il giornale dedica 13 pagine alla questione. Tre le tesi che il quotidiano di via Negri porta a vanti al di là della cronaca che per altro vengono riassunte tutte nel lunghissimo editoriale di Vittorio Feltri. Prima di tutto il fatto che la bocciatura da parte della Corte è avvenuta perchè «anche la Consulta è di sinistra», dunque una sentenza politica. L’essere di sinstra della corte si spiega con le dichiarazioni di Berlusconi di ieri sera appena appresa la notizia «undici dei giudici della corte sono stati scelti dagli ultimi tre Presidenti della Repubblica Scalfaro, Ciampi e Napolitano, tutti e tre di fede rossa». La seconda tesi è che non solo è una sentenza, come viene spiegato da Zurlo in un intervista a Gaetano Pecorella, in cui la Corte smentisce se stessa ma addirittura incomprensibile. Il primo respingimento dettava infatti la strada della correzione del Lodo Schifani, oggi invece si sostiene che una legge ordinaria non sia appropriata e si debba affrontare la questione con una modifica costituzionale. Ultima tesi sostenuta è quella del complotto. Per Feltri&co. «dopo l’assalto giudiziario ecco lo sgambetto costituzionale». Berlusconi è assediato da tutte le parti, prima c’è stato l’attacco mediatico che sarà presto seguito da quello giudiziario. Una situazione che come afferma lo stesso premier «mi ricorda il 1994». L’unica cosa che Il Giornale assicura è la reazione. Il capo di governo non vuole mollare e come racconta Francesco Cramer nel suo «Bossi arruola la piazza per difendere il governo» forte del sostegno degli alleati (Fini avrebbe detto a Berlusconi «Vai avanti, sono con te» giurando «non farò mai grandi coalizioni») trascinerà il popolo in piazza, afronterà i processi «sicuro di smontare ogni accusa» e con l’idea di rendere le regionali prossime venture, lo spiega Vincenzo La Manna a pagina 6, come un referendum «un occasione per rafforzare Berlusconi».

IL MANIFESTO sceglie per illustrare il no della Corte Costituzionale al lodo Alfano una fotografia di una manifestazione per la Costituzione con una mano che solleva il libretto che contiene la Costituzione italiana e il titolo “Carta vince”. Diversi i commenti, quello di Norma Rangeri in prima pagina è intitolato “Campo libero” «C’è un giudice anche a Roma. La bocciatura dell’incostituzionale Lodo Alfano restituisce ai cittadini italiani il diritto di riconoscersi in uno dei principi fondamentali della Costituzione: siamo tutti uguali di fronte alla legge (…) Dal palazzo della Consulta arriva un segnale forte per un sinistra esangue e timorosa di fronte alla sfida dei falchi del centrodestra di appellarsi al popolo con elezioni anticipate. Spauracchio oggi precipitosamente rimesso nel cassetto, sostituito (bastava guardare la faccia di Emilio Fede) da un più guardingo “il governo andrà avanti con il suo programma” (…)». Nelle pagine interne si può leggere il commento di Ida Dominijanni “Pietra tombale sulla favola di regime”. «La promessa di rispettare il verdetto della Corte, spergiurata in tutti i talk show della vigilia, è durata il proverbiale spazio di un mattino. Alle sette della sera la sentenza è già “sconvolgente”, e i giudici della Consulta sono già stati iscritti d’ufficio alla schiera delle toghe rosse in perenne assetto da golpe. Lo proclama il premier messo al tappeto, lo argomentano (si fa per dire) i suoi scherani, Alfano, Cicchitto, Quagliarello, Umberto Bossi, come al solito il più intuitivo di tutti, aveva messo le mani avanti minacciando già in mattinata “non si può sfidare l’ira dei popoli” (…) La sentenza della Corte non boccia solo il lodo Alfano: boccia questa favola di regime. Ne smonta definitivamente l’architrave, la pretesa di instaurare una forma di sovranità assoluta sganciata dalla divisione dei poteri e dal controllo di legalità, nutrita solo dal consenso popolare plasmato via tv, elevata a rango monarchico dalla esenzione dal principio di uguaglianza (…) E come un robot addestrato, già il ministro Alfano s’inventa un nuovo conflitto, “fra il premier eletto e il cittadino che deve difendersi nei processi”. È la nuova trincea, quella del re umiliato e livido per essere stato riportato alla condizione di comune mortale, eguale fra gli eguali». Un occhio anche al futuro con l’articolo “Verso le regionali. Fini e Bossi preparano il dopo Silvio” «Attorno al premier “ferito” dal suo stesso lodo si stringe tutta la maggioranza (…) Ma i leader del “popolo della libertà” – che ieri è stato di nuovo sonoramente battuto alla camera sul garante dell’infanzia proposto dalla ministra Carfagna – si trovano per la prima volta a far i conti con un futuro senza “San Silvio da Arcore” , come si autodefinisce il premier. (…) La rotta per ora è chiara e si chiama plebiscito. Le regionali di marzo sono un “giudizio di dio”, e saranno personalizzate al massimo sul Cavaliere. (…) Il trio Bossi – Tremonti – Fini deve necessariamente trovare un accordo per sopravvivere a un dopo Silvio inevitabile e salvare il centrodestra dal rompete le righe (…)»

“Bocciato il lodo Alfano”, titola AVVENIRE. Che subito evidenzia le reazioni di Berlusconi «Quello è un organo di sinistra» e di Napolitano che chiede «rispetto» per la Corte. All’interno tre pagine di servizi, la prima delle quali riparte proprio dalle due opposte reazioni dei protagonisti. Per AVVENIRE «è guerra con le opposizioni, è guerra con il Quirinale», anche se non si capisce bene, secondo AVVENIRE, chi l’ha dichiarata. A metà articolo sembrerebbe il premier, con la messa in fila delle citazioni con cui Berlusconi attacca la Corte e Napolitano, con un «Berlusconi sembra deciso a chiudere i conti e affonda ancora: “Non mi interessa quello che ha detto il Capo dello Stato, mi sento preso in giro e non mi interessa. Chiuso!”», ma poi quando riferisce dell’ultimo messaggio di Bossi alla Corte, che «bluffa facendo finta di non conoscere l’ormai certa decisione della consulta» scrive «un pressing inutile, la seclta è presa, la guerra è aperta». Un pezzo a piede raccoglie le reazioni di magistrati e Csm, tutte «improntate alla cautela», «segno chiarissimo della delicatezza sotto il profilo istituzionale della decsione della Consulta». Una per tutte, il «no comment» di Nicola Mancino, vicepresidente del Csm.

Lodo Bocciato, l’ira di Berlusconi”. Titolo in prima e nove pagine sulla bocciatura del lodo Alfano per LA STAMPA: la cronaca, la doppia reazione del premier, le reazioni dei leghisti dopo che Bossi ha evocato la “piazza” contro la sentenza della Consulta. “Oltre ogni limite” e “Lezione alla politica” sono i due editoriali in prima. «In quella che definisce una minoranza composta, sono parole sue, dal “settantadue per cento della stampa” e dai “comici che prendono in giro il governo”, Berlusconi ha incredibilimente inserito il Capo dello Stato: alzando così a un livello insopportabile lo scontro istituzionale». «Non è la piazza a decidere i principi che regolano la nostra convivenza» scrive nel secondo editoriale Michele Ainis. «Se lo Stato di diritto si affida a un corpo di custodi è perché la piazza a suo tempo mandò a morte Gesù per salvare Barabba, la stessa piazza durante il secolo ventesimo acclamò feroci dittatori, perché le Costituzioni liberali presidiano un sistema di valori, e li sottraggono al dominio delle folle». Nelle prime due pagine di cronaca LA STAMPA riporta la doppia reazione del premier: il comunicato ufficiale dopo la decisione della Consulta e le dichiarazioni rilasciate ai giornalisti fuori da Palazzo Grazioli, che LA STAMPA isola a parte in un riquadro mettendo tutte in flia le affermazioni su Consulta, stampa e capo dello Stato. “I timori del colle: Ora si profilano conflitti costituzionali”. LA STAMPA sente una fonte interna al Quirinale che esprime i timori del Colle: «Adesso purtroppo si profilano gravi conflitti politici. E temiamo anche istituzionali». Il timore, scrive Federico Geremiccia, è che «la situazione possa ulteriormente degradare stringendo il sistema politico (e il Quirinale prima di tutto) nella micidiale tenaglia le cui leve sono azionate da una parte dal Pdl e dall’altra da Antonio Di Pietro, che anche dopo il pronunciamento dell’Alta Corte è tornato ad attaccare pesantemente il Capo dello Stato». Si teme «l’uso della piazza contro gli organi dello Stato», «la delegittimazione di tutti gli istituti di garanzia», «perfino il venire meno di quel minimo di rispetto che dovrebbe caratterizzare i rapporti tra le alte cariche dello Stato». Per ognuno di questi “timori” LA STAMPA cita le affermazioni fatte ieri da Cicchito, Gasparri, Berlusconi. “Bossi: non ci piegano, non sarà una corte a fermarci”, LA STAMPA riporta le posizioni di Bossi ed esponenti del Pdl che evocano una reazione di piazza. Due pagine dopo un’’inchiesta sulle reazioni dei leghisti della base, a partire dalla trasmissione di ieri su Radio Padania e dai commenti sul web. “Curva Italia, il lodo spacca il web”: il popolo della Lega appare tutt’altro che compatto, è il succo dell’’articolo. Al notiziario di Radio Padania ieri «il Lodo Alfano è la prima notizia, ma scivola via in pochi secondi», le telefonate erano tutt’altro che allineate, insomma “la difesa” di Berlusconi non sembra essere tra le priorità dei leghisti, preoccupati piuttosto per le sorti del federalismo.

E inoltre sui giornali di oggi:

 

DIAZ

LA REPUBBLICA – Due pagine per la sentenza di assoluzione di De Gennaro, all’epoca dei fatti di Genova capo della polizia e oggi alla guida del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Secondo i giudici non avrebbe istigato i suoi a mentire e testimoniare il falso su quel che avvenne alla scuola Diaz nel corso del G8 del 2001. Assolto per la stessa accusa Spartaco Mortola, all’epoca questore di Genova. Affronterà il processo invece Francesco Colucci: a differenza degli altri due imputati ha scelto il rito ordinario e non quello abbreviato.

 

CAP ANAMUR

IL MANIFESTO – A pagina 6 IL MANIFESTO dà notizia dell’assoluzione del presidente della Cap Anumur (nave e omonima associazione ong tedesca), del capitano e del primo ufficiale che nel 2004 trassero in salvo 37 persone alla deriva su un gommone in acque internazionali. «Assolta la Cap Anamur, salvare vite non è reato» è il titolo dell’articolo che inizia «Assolti con formula piena, peché il fatto non costituisce reato. NOn è reato, cioè, salvare vite umane in mare. Per fortuna. (…) Avevano ragione loro, l’Italia avrebbe dovuto permettere l’attracco alla nave che aveva soltanto compiuto un atto umanitario, oltre che obbligatorio per le leggi del mare e quelle internazionali. L’Italia, allora guidata dal secondo governo Berlusconi, mostrò invece la faccia feroce». Gli immigrati che avevano fatto richiesta di asilo politico furono tutti espulsi, la nave è rimasta cinque anni sequestrata nel porto siciliano, l’articolo si conclude ricordando che dentro la stiva c’erano «centinaia di vaccini e medicinali. Tutti da buttare».

 

AFGHANISTAN

AVVENIRE – Otto anni esatti dopo l’avvio di Enduring Freedom e due mesi dopo le elezioni, in Afghianistan «il vincitore resta il caos». Così titola AVVENIRE che fa il punto sui ricorsi e riconteggi di voti. A Sud di Kabul pare ci siano 100mila schede false, dice un rappporto riservato dell’Onu pubblicato dal Washington Post: per esempio a Helmat ci sono 38mila elettori e 134mila schede nelle urne, di cui 112mila per Karzai. Un giurista interpellato a Kabul dice che «i richiedono standard occidentali, ma applicati a una nazione che ha il 70% di analfabeti e senza alcuna preparazione su cosa siano le elezioni». Per Riccardo Redaelli, che firma il pezzo, la soluzione migliore sarebbe «una conferma dei risultati e conemporaneamente un’offerta politica credibile da parte di Karzai al rivale Abdullah per coinvolgerlo nel governo». L’Italia, che ha approvato l’intervento il 9 ottobre 2001, ieri per bocca del ministro La Russa – ieri a Herat – ha detto: «l’imegno italiano in Afghanista è elevatissimo. La nostra tendenza è quella di non aumentarlo». Intanto Obama cerca ancora il compromesso sull’invio di rinforzi chiesti dai suoi generali, con il 49% degli americani convinto che sia impossibile sconfiggere i taliban, il 50% che pensa che gli Usa sono in Afghianistan da troppo tempo e il 32% che si sta andando verso un nuovo Vietnam. Titolo: «Obama non riesce a decidere».

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.