Famiglia

Lasciate ai bambini il diritto di pensare

Operatori, giuristi e psicoanalisti a confronto su un tema cruciale

di Redazione

Cosa accade quando un minore si trova coinvolto in procedimenti giudiziari? La Convenzione di Strasburgo dava dei criteri molto chiari. Ma che vengono troppo spesso disattesi. Per questo un’associazione ha messo a tema la questione. Parla l’organizzatrice, Giulia Contri
Il “timor pueri” spaventa giuristi, educatori, psicologi, genitori. “Timor pueri” sta per naturalità: una naturalità che fa paura, e quindi da sottomettere con l’educazione. Per questo i promotori del Colloquio pubblico dedicato a un tema importante e delicato, quello della titolarità dei diritti dei minori, hanno voluto scegliere un’immagine spiazzante per lanciare l’appuntamento: è il Gargantua illustrato da Gustav Doré. Spiega la curatrice del Colloquio, Giulia Contri: «Questo bambino dallo sguardo protervo e incoercibile e affondato in una mandria di bovini illustra bene la teoria del bambino come naturalità da educare alla svelta. Nell’Ottocento in cui lavorava Dorè l’interventismo sul pensiero portava a una psicologia scientifica e a un pedagogismo sistematico». Abbiamo voltato due secoli, ma anche oggi quel problema è un problema ancora aperto.
Il Colloquio, che si terrà a Milano il 24 ottobre, è stato pensato con l’obiettivo di ripensare alle opportunità offerte dalla Convenzione di Strasburgo del 1996 di ascoltare il minore e promuoverne i diritti. A proporre l’appuntamento è lo Studium Cartello, un’associazione di psicanalisti. Ma il confronto coinvolgerà vari operatori e professionisti del giudiziario per discutere sulla difesa del minore.
Vita: Dopo anni di studi di psicologia e pedagogia, come mai è il diritto ad assumersi il compito inedito di riconoscere capacità di discernimento al minore?
Giulia Contri: Nella Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori, adottata dal Consiglio d’Europa a Strasburgo il 24 gennaio 1996, va ravvisato un progresso del diritto. Vi si afferma, infatti, l’intento di «promuovere, nell’interesse superiore dei minori, i loro diritti, concedere loro diritti azionabili e facilitarne l’esercizio facendo in modo che possano, essi stessi o tramite altre persone od organi, essere autorizzati a partecipare ai procedimenti in materia di famiglia che li riguardano dinanzi a un’autorità giudiziaria».
Vita: In altri termini?
Contri: In altri termini, insieme alla titolarità di diritti, si riconosce – primo punto – al minore anche l’agibilità, l’azionabilità, l’esercizio degli stessi in giudizio nelle controversie familiari in cui è implicato. Secondo: la Convenzione riconosce dunque al minore capacità di pensiero a sostenere in giudizio un’opinione a sé favorevole, secondo un criterio di beneficio personale. Terzo: tale capacità al minore la Convenzione la riconosce in quanto concepisce il minore come soggetto all’autorevolezza del genitore, non come sottomesso alla sua potestà. Nei casi di mancanza di discernimento del minore in giudizio – questo è il quarto punto – la Convenzione sostiene che la sua capacità va promossa, sostenuta, riabilitata, essendo il minore il nuovo soggetto del diritto minorile autonomizzato e distinto dal diritto di famiglia.
Vita: Il minore quindi è capace di esercitare i diritti?
Contri: Sì. Al figlio il diritto riconosce una capacità di intendere e di volere un rapporto parentale di “soggezione” e non di “sottomissione” – secondo il proprio interesse e i propri diritti. Non si può ignorare un fatto: la “soggezione” può essere sconfessata e dirottata fino a un’obbedienza “spensierata” – senza un criterio di convenienza – a un comando, anche del genitore, che prende le decisioni al suo posto.
Vita: Come può avvenire l’intervento?
Contri: Con più professionisti collaboranti: l’avvocato difensore legale, il procuratore speciale, il “rappresentante”, una nuova figura messa in campo dalla Convenzione a promuovere la capacità del minore di porsi secondo interesse e giudizio. Ma la figura del rappresentante è ancora tutta da definire.

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