La studiosa americana ha teorizzato un nuovo modello per il governo
dei beni collettivi. Come spiega Carlo Borzaga intervistato da Social Job,
la sua teoria si applica anche all’impresa sociale Abbiamo voluto dedicare l’apertura di questo numero di «Social Job» a un avvenimento che in certo senso è storico: il Nobel a Elinor Ostrom non è solo il primo Nobel per l’Economia assegnato a una donna, ma è anche il Nobel che consacra, anche a livello di teoria, il modello dell’impresa sociale. Come spiega Carlo Borzaga nell’intervista, «la sua teoria dei commons si applica anche ai produttori, e quindi anche all’impresa sociale: che è un modo efficiente di produrre su base collettiva».
È un segnale che arriva in un momento difficile, per il contesto della crisi e le ferite che sta lasciando nel corpo sociale, per la fatica nella gestione quotidiana, fra ritardi nei pagamenti e ottusità della politica. Ma che arriva anche in un momento di intense riflessioni e ripensamenti, come è accaduto a Roma per il congresso di Legacoopsociali e come accadrà il mese prossimo a Genova per la convention di Cgm.
Il giorno della notizia del Nobel tutti i commentatori si sono trovati spiazzati, perché pochi erano in grado di comprendere le categorie messe in campo dalla Ostrom. Eppure queste categorie – l’innovazione dal basso, l’efficienza della gestione collettiva dei “commons”, il valore economico della reciprocità – sono parte di un nuovo mainstreaming. Lo dimostra l’uscita di un altro Nobel, Joseph Stiglitz, che ha alzato la voce contro i suoi colleghi che si ostinano a fare i conti su un unico modello produttivo, quello capitalistico.
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